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Individualità e gruppo secondo Valeria Imbrogno, pugile e psicologa

Equilibrio

UN GIOCO D'EQUILIBRIO

“In una fredda giornata d’inverno, un gruppo di porcospini si rifugia in una grotta e per proteggersi dal freddo si stringono vicini. Ben presto però sentono le spine reciproche e il dolore li costringe ad allontanarsi l’uno dall’altro. Quando poi il bisogno di riscaldarsi li porta di nuovo ad avvicinarsi si pungono di nuovo. Ripetono più volte questi tentativi, sballottati avanti e indietro tra due mali, finchè non trovano quella moderata distanza reciproca che rappresenta la migliore posizione, quella giusta distanza che consente loro di scaldarsi e nello stesso tempo di non farsi male reciprocamente”.

In questo periodo ho riflettuto parecchio sulla necessità dell’essere umano di aggregarsi, di fidelizzarsi, di voler far parte a tutti i costi di un gruppo. Ecco perché mi sono ritrovata ad approfondire le differenze tra sport individuale e quello di gruppo, guardando a queste differenze anche come scelte di vita.

Mi sono accorta che spesso le motivazioni che spingono una persona a scegliere uno sport come il pugilato sono l’impazienza, l’impulsività, la tendenza a prendere decisioni e a non considerare soluzioni alternative. Dall’altra parte ho visto che cio’ che questa scelta consolida invece è il senso di responsabilità, la disciplina e la competizione con se stessi e i propri limiti. Ho capito che aderire ad uno sport individuale significa assumersi la piena responsabilità del proprio risultato: la persona che fa questa scelta ha bisogno di risposte alle proprie motiviazioni chiare e ben definite.

Per gli sport di squadra, al contrario, la tendenza è quella di essere una persona capace di considerare soluzioni alternative ma spesso è incerto nelle scelta definitiva. Sviluppa tendenzialmente una predisposizione alla collaborazione, al senso di appartenenza e al senso del gruppo.

Cio’ che ho visto è che sarebbe bene che si riuscisse a scegliere uno sport seguendo semplicemente la propria attitudine, per poter sviluppare un approccio mentale corrispondente alla propria indole  e non un approccio che cerca di forzare e modificare la propria natura.

Questa stessa scelta (ovvero quella secondo la propria indole) è quella che ciascuno di noi si porta dietro nella vita sociale, lavorativa e familiare: in base alle nostre attitudini facciamo scelte quotidiane che ci identificano e caratterizzano.

Nella vita di tutti i giorni, per esempio, una persona piu’ “individualista” risulta essere poco adattabile e scarsamente socievole, senza necessariamente essere un egoista. L’individualista non si aggrega ad una qualsiasi filosofia e non sacrifica i propri interessi per delle cause sociali. Possiede uno spiccato senso della propria superiorità fisica (sfalsata o reale che sia) ed un notevole bisogno di auto-valorizzarsi. Caratteristiche parallele, per esempio, a chi pratica il pugilato. La persona piu’ “solidale” o “sociale”, al contrario, condivide piu’ spesso idee e comportamenti del gruppo a cui ha deciso di appartenere. Sente di far parte di un insieme e di farne parte in maniera collaborativa. I sentimenti intollerabili in questo caso vengono proiettati sul gruppo, diventando così l’unico responsabile dei fallimenti, delle frustrazioni e di tutto ciò che non va.

L’indisponibilità ad impegnarsi, esplicitando un’opinione definitiva, è cio’ che crea la sospensione da qualsiasi giudizio.

A mio avviso, questa scelta, ( soprattutto nel periodo adolescenziale in cui uno tende a ridefinire la propria identità) puo’ creare, a volte, un’eccessiva identificazione nel ruolo acquisito nel gruppo ostacolando cosi’ l’affermazione della propria autenticita’e costringendo l’individuo a dover vivere con una maschera sociale. Spesso scegliere di appartenere ad un gruppo sottende psicologicamente una ricerca di annullamento della propria identità nella massa sembrando così piu’ possibile ottenere tutto senza fatica e rispondendo più facilmente anche ai propri bisogni personali.

Il bisogno individuale è un pericolo per la coesione del gruppo, ma anche per i pugili esistono sentimenti gruppali ben definiti: la solidarietà con i compagni della palestra, la partecipazione emotiva alle vittorie e alle sconfitte e la condivisione della fatica, meno pesante se condivisa. Pur essendo un individualista, è una persona socievole, non tende ad isolarsi e dimostra per la palestra un sentimento di aspettativa, quasi si trattasse di una seconda casa, condividendo il proprio “spazio” con gli altri pugili in attesa di essere poi veramente solo sul quadrato.

Alla fine credo che il segreto sia trovare il giusto equilibrio tra l’autenticità della propria persona e il gruppo: l’importante è che il singolo prenda coscienza della propria autonomia, delle proprie risorse e della libertà di usarle a favore della propria crescita pesonale e della consapevolezza della difesa delle proprie convinzioni in ogni momento.

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