Da tempo il cittadino italiano ha scoperto quanto sia dura la vita del precario. Dove niente è sicuro e dove non hai nessuna garanzia.
Precario del lavoro lo sono sempre stato. Pugile di professione. Nessuna sicurezza, nessuna garanzia, nessuna tutela.
Una vita in bilico, sempre.
Un lavoro che solo "un folle" può scegliere.
Una vita in trincea a lottare sul ring, ma soprattutto fuori dal ring.
Una vita dove rinunci a tante cose senza sapere che futuro avrai.
Strana la professione del pugile.
Molti a chiederne l'abolizione perché ritenuto troppo pericoloso. Ma nessuno a chiedere la tutela del pugile.
Una professione che, se sei bravo, può durare al massimo una quindicina di anni. E poi?
E poi devi inventarti una nuova vita.
Facile da dire, difficilissimo da fare.
E allora perché uno sceglie di fare il pugile?
Perché il pugile è un eterno ragazzino che sogna ad occhi aperti.
Un ragazzino innamorato di ciò che fa.
Un ragazzino che i "pugni" veri li prende fuori dal ring.
Un ragazzino che, quando salta un match dopo mesi e mesi di preparazione, maledice il mondo ma poi il giorno dopo prende la borsa e va in palestra, come se nulla fosse successo.
Il pugile sa di vivere alla giornata.
Sa di potere contare su una persona sola: se stesso.
Tutti gli daranno del "matto" e gli diranno di trovarsi un lavoro.
Ma il pugile ascolterà solo se stesso.
Perché sa che ce la può fare.
E tra tanta fatica e sofferenza potrebbe diventare, da precario, un uomo di successo.
E allora il futuro potrebbe essere meno precario.
È durissima, ma ce la si può fare.
Sia chiaro, comunque, che sempre precario si rimane.
Vita da pugile...