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Oliva: L'Aiba continua a sbagliare. Dove vuole arrivare? Vuole distruggerci?

di Dario Torromeo

“Volete distruggerci?”
Più che una domanda, è un grido di dolore.
A lanciarlo è Patrizio Oliva, campione olimpico a Mosca 1980 e vincitore
della Coppa Val Barker come migliore pugile di quei Giochi.
Sente come una drammatica minaccia la possibilità che il CIO possa
togliere il pugilato dal programma dell’Olimpiade di Tokyo 2020.
La sua domanda non è rivolta al Comitato Olimpico Internazionale,
ma all’Aiba: l’Associazione che ha portato la boxe in questa situazione.

Patrizio, pensi davvero che il pugilato possa essere messo fuori dai Giochi?

“Il pericolo è reale. E sarebbe una catastrofe per il nostro sport. Quando un ragazzo sale per la prima volta sul ring, ha un sogno nella testa: l’Olimpiade. L’AIBA rischia di rubare a quei ragazzi il loro sogno”.

Quale è il problema principale?

“La dirigenza. È chiaro che il CIO non accetterà mai Gafur Rakhimov come presidente effettivo. Se insisteranno su quel nome, saremo fuori da tutto. Per questo chiedo all’Aiba: dove volete arrivare?”

Quale sarebbe la strada da seguire?

“Quella della giustizia sportiva, della trasparenza. Le domande che mi faccio io, credo siano le stesse che si sono fatti in giro per il mondo tutte le persone che amano questo sport. L’Aiba aveva portato ai vertici sette arbitri, li aveva scelti tra centinaia, li aveva eletti come i migliori del mondo. E poi alla fine dell’Olimpiade brasiliana li ha fatti fuori tutti. Non ti sembra l’ammissione di un errore clamoroso? L’universo della boxe chiede verdetti giusti. Un ragazzo che soffre, si sacrifica, si impegna fisicamente e mentalmente deve essere sicuro che siano rispettate tutte le regole, criteri di giudizio compresi. Hanno sospeso trentasei tra arbitri e giudici e, dopo due anni, non ci hanno fatto ancora sapere come si sia conclusa l’inchiesta che li riguardava. Pensino a questo, se vogliono salvare il pugilato, non ad altro”.

Il CIO secondo te metterà in pratica la sua minaccia?

“A me sembra che l’AIBA voglia sfidarlo. Un testa contro testa in cui può solo perdere. E allora chiedo: cosa state combinando? Se un’organizzazione internazionale, un ente che gestisce lo sport mondiale, esce dal suo atteggiamento da attendista e entra nei panni del fighter, vuol dire che proprio non ne può più. Che è arrivato il momento di usare le maniere forti. Non rispettarne le legittime richieste equivarrebbe a un suicidio sportivo. A quel punto il giochino sarebbe finito. Senza Olimpiadi non vedo quale futuro potrebbe avere la stessa Aiba”.

Giustizia sportiva, trasparenza, cambio della dirigenza. Questi i provvedimenti necessari a brevissimo termine. Riguardo al passato, quali errori pensi abbia commesso l’Aiba?

“Avrei voluto elencarli uno per uno, ma loro mi hanno preceduto. In un certo senso sono rei confessi. L’abolizione dell’APB, il professionismo Aiba, è uno dei peccati principali. Sono entrati a piedi pari in questo sport ripudiando qualsiasi professionista non decidesse di boxare in esclusiva per loro. Una follia che si è confermata tale."

Solo quello?

“Credevano di poter vincere la battaglia contro Wbc, Wba e Ibf. Volevano dimostrare che un cubano sarebbe stato capace di battere un campione del mondo dei professionisti e sono andati avanti, senza pensare ai danni che avrebbero potuto provocare agli altri pugili. Illusi e ingenui, o forse soltanto incompetenti. Un ragazzo sogna l’Olimpiade, da grande sogna il mondiale. L’hanno capito dopo, con colpevole ritardo. Improvvisamente, a pochi mesi dai Giochi, hanno deciso di fare scontrare i loro dilettanti contro i professionisti. E questo solo perché pensavano fosse l’unico mezzo per aumentare la spettacolarità della manifestazione, attirare gli sponsor. Avevano dipinto il professionismo come il pericolo numero 1, si erano accorti di averne bisogno. Ma, come hanno sempre fatto, si sono mossi in maniera totalmente sbagliata. E adesso sono rientrati nei ranghi”.

Problemi ci sono stati anche con le WSB.

“Quest’anno, a torneo in corso, hanno ridotto da otto a quattro le squadre ancora in competizione. L’hanno fatto a soli sedici giorni dall’inizio delle sfide, ma non gli è bastato. Da maggio conosciamo le due finaliste, ma la finale è stata fissata solo a fine novembre. Errori evedenti, commessi con un’imbarazzante perserveranza nello scegliere ogni volta la soluzione sbagliata”.

A questo punto qualcuno potrebbe chiederti: e allora perché hai accettato di diventare il capo allenatore della squadra italiana nelle WSB del prossimo anno?

“La risposta è semplice. Perché amo questo sport e voglio dargli una mano. Come tenico credo di essere in grado di offrire un aiuto importante, l’avere a disposizione dei giovani ragazzi italiani me ne offrirà l’occasione. La mia è una scelta sentimentale, lo testimonia il fatto che non ho preteso di stabilire un compenso”.

Sei pessimista sul futuro di questo sport a livello olimpico?

“Non ho fiducia nell’Aiba attuale. Volevano fare i professori, cancellare completamente il passato, ripudiare i professionisti. Hanno sbagliato ogni mossa. Ripeto: bisognerebbe pensare esclusivamente al bene di questo sport, fare le cose semplici. Combattere i nuovi potenti, restituire fiducia negli arbitraggi e nei verdetti. Quello che è accaduto a Londra 2012 e Rio 2016 lo sanno tutti, come tutti sapevano quanto forti fossero le pressioni. L’ex presidente Wu era citato come esempio di un luminoso rinnovamento. È stato allontanato dal suo stesso Comitato Esecutivo. Cosa volete di più? Se non sono rei confessi loro, ditemi voi chi potrebbe esserlo. Mi sembra che la boxe abbia già sopportato troppo questi personaggi. Signori, non mettete il CIO nella condizione di cancellarci dai Giochi”.

Il Congresso dell’Aiba è fissato per il 2 e 3 novembre.
In quell’occasione sarà eletto il nuovo presidente.
Dopo quella data il CIO emetterà il suo verdetto.
Solo allora sapremo se il pugilato sarà
inserito nel programma dei Giochi di Tokyo 2020.

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