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Oliva scrive per noi, riflessioni sul trionfo della Testa e il flop maschile

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di Patrizio Oliva

Gli Europei Under 22, disputati in Russia, hanno prodotto buoni risultati da parte della nazionale femminile e una grande delusione da parte di quella maschile.
Questi campionati mi hanno portato a fare alcune riflessioni.
Parlando della squadra in generale, mi sono chiesto: lo staff tecnico è all’altezza del compito?
Entro nello specifico, per farlo comincio dalle ragazze.
Mi domando: perché Irma Testa è tornata a vincere?
Non credo che la risposta sia: perchè è tornata improvvisamente brava. Lei brava lo è sempre stata. La risposta che più delle altre si avvicina alla realtà è: ha gareggiato nella fascia di età che le appartiene. Ha la giusta maturità, la necessaria esperienza e il talento per esprimersi su questi livelli.
In passato hanno esageratamente anticipato il suo percorso formativo.
Farla partecipare, a 18 anni, ai Mondiali e dopo un mese all’Olimpiade è stato un errore grave perchè è stata messa a confronto con atlete che avevano, sia fisicamente che pugilisticamente, una consistenza e una formazione superiore.

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Quando si è giovani il percorso di crescita è molto delicato, soprattutto in uno sport come il nostro. Nella boxe si prendono pugni e  subire una sconfitta può fare perdere fiducia in se stessi, pregiudicando così la propria carriera.
Vorrei, come testimonianza a riguardo, sottolineare il percorso formativo che hanno intrapreso con me i vari Cammarelle, Russo, Valentino e altri ancora. Con loro non ho mai inseguito il risultato a tutti i costi, ma sono piuttosto andato alla ricerca di una crescita graduale senza esporli a elevati pericoli.
Credo sia la strada giusta da percorrere, sia per ottenere progressi che soprattutto per salvaguardare la salute dei ragazzi.
Forse, finalmente, qualcuno si sarà accorto che il salto in avanti che le hanno fatto fare negli scorsi anni è stato eccessivo. È stato un errore mandarla ai Mondiali nella stagione olimpica, come è stato un rischio farle disputare i Giochi. Fuori subito, o quasi, in entrambe le competizioni.
Il mitico Steve Klaus ha tenuto fermo addirittura Nino Benvenuti, non lo ha mandato a Melbourne 1956 solo perché lo riteneva ancora acerbo per una competizione che richiedeva continue prestazioni di livello elevato contro rivali di grande esperienza.
Benvenuti la prese malissimo, era già una delle stelle di quella nazionale.
Quattro anni dopo, a Roma 1960, Nino vinceva l’oro olimpico ed era proclamato miglior pugile dei Giochi.
Nell’ultimo articolo per boxeringweb.net mi chiedevo:
Irma Testa è già stanca del pugilato?
Grazie e arrivederci.
Ha ancora voglia?
Lo dimostri vincendo.

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La risposta della ragazza, in competizione nella dimensione che le è più consona, è stata estremamente positiva.
Si faccia tesoro di questo risultato e si continui sulla stessa linea di percorso. Niente salti nel buio. Un passo alla volta.
Veniamo al settore maschile.
I tecnici continuano a portare la squadra al completo in molti tornei, anche se alcuni atelti non sono ancora pronti (vedi il supermassimo aggreato per un viaggio premio, così almeno hanno dichiarato, e sconfitto per kot dopo 2:29 del round iniziale). Li portano nella speranza che qualcuno abbia fortuna al momento del sorteggio e, favorito da un percorso facile, riesca ad andare a medaglia.
Il  risultato che si ottiene è quello di rovinarne tanti nel tentativo di andare a segno con uno.
Quale è il problema?
Accontentare i maestri di società?

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Se fosse così, e spero che non lo sia, lo sfaff federale dovrebbe dare subito le dimissioni. Vorrebbe dire mettere a rischio l'integrità fisica dei ragazzi. Non posso pensare che questo accada.
Resta comunque la questione di fondo. I risultati importanti si ottengono con un’attenta crescita, i giovani devono confrontarsi sempre con atleti che appartengono alla loro fascia di esperienza, le difficoltà devono salire gradualmente. Inseguendo il risultato a ogni costo, si potrebbe avere un doppio effetto negativo: il calo delle prestazioni, l’aumento dei rischi.
Solo quando il pugile è completo, fisicamente, tecnicamente, psicologicamente e come maturità globale si può andare incontro a quello che è l’obiettivo naturale per ogni sportivo che affronti questa disciplina: confrontarsi con i migliori.
È questa la strada. Negli anni della gioventù anche dieci match in più sul record fanno la differenza. 

E lungo il cammino bisogna sempre capire a che punto della strada si sia arrivati.
Sarebbe un errore imperdonabile pensare di essere in cima, quando si è invece ancora ai piedi della montagna.
Credo sia importante che chiunque indossi la maglia azzurra lo tenga bene a mente.

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