di Carlo Tartaglia
Poche ore fa al Madison Square Garden Theather di New York, Vasyl ‘Hi-Tech’ Lomachenko (10-1, 8 KO) ha superato Guillermo ‘El Chacal’ Rigondeaux (17-1, 11 KO), che si è arreso all’angolo dopo la sesta ripresa.
I due mancini e due volte campioni olimpici si sono guardati allo specchio nel corso del primo round, che ha visto un affascinante festival di finte, controfinte, spostamenti laterali e qualche sporadico, prudente colpo di studio.
Se nei primi 3 minuti di match Rigondeaux si è fatto leggermente preferire, i successivi 5 hanno visto Lomachenko crescere progressivamente e prendere il controllo mentre il cubano spariva gradualmente dal ring.
Le riprese 2,3 e 4 hanno visto Lomachenko cercare il proprio ritmo, studiare la situazione senza fretta e trovare strade per andare a segno contro l’elusivo Rigondeaux. In passato, quando il cubano aveva voluto rendersi irreperibile per i pugni avversari c’era riuscito con facilità, questa volta non è stato così. Per scardinare la difesa del ‘Chacal’, Lomachenko ha usato il footwork, ha variato angoli offensivi, ha usato i colpi preparatori per manovrare il rivale e metterlo in asse, per poi colpirlo. Le soluzioni offensive del fenomeno ucraino sono state creative, fulminee e geniali come quel montante triplicato nel corso della terza tornata.
Dopo qualche ripresa, Rigondeaux si è visto frustrato e accerchiato: alla distanza non riusciva a gestire i movimenti da emicrania di Lomachenko, corpo a corpo si rifugiava nei clinch da cui l’ucraino sapeva liberarsi in fretta grazie anche alla sua superiore stazza.
La sfida è rimasta tattica per tutta la sua durata perché l’abilità difensiva e l’intelligenza di entrambi impedivano all’avversario di andare a segno in maniera prolungata.
Al termine del quinto round, i due pugili sono rimasti avvinghiati in un clinch fino alla campana e Hi-Tech, memore delle mille scorrettezze di Salido – unico pugile ad averlo sconfitto da pro – ha colpito Rigo dopo il gong, mostrando che al talento e alla tecnica ha imparato in questi anni ad aggiungere un po’ di malizia e astuzia.
Nel sesto round, Loma ha scosso per la prima volta l’avversario con un corto sinistro e in quella stessa ripresa, l’arbitro ha detratto un punto a Rigondeaux per le eccessive trattenute.
All’angolo tra la sesta e la settima ripresa, dopo un breve dialogo con il maestro Pedro Diaz, Rigo ha scelto di non continuare, diventando il quarto avversario di fila di Lomachenko ad arrendersi sullo sgabello dopo Walters, Sosa e Marriaga. “Dovranno chiamarmi No-Mas Chenko” ha commentato il vincitore con un arguto riferimento storico al celebre ‘No mas’ di Roberto Duran.
Il divario fisico tra Loma e Rigo era stato evidente già dalle operazioni di peso ed è sembrato forse ancora più marcato sul ring, non si può dire però che sia stata però la sola stazza a fare la differenza (come ha ammesso il pugile sconfitto), perché non abbiamo assistito ad un dominio fisico del campione ucraino bensì ad un’imposizione tecnica, psicologica, territoriale. Non abbiamo visto Rigondeaux incassare tanti colpi ma l’abbiamo visto scoraggiarsi, sentirsi perso, disarmato. L’abbiamo visto arrendersi come uno dei tanti avversari di Hi-Tech. Il cubano ha giustificato la sua decisione di mollare con un infortunio alla mano sinistra che suona come una scusante di dubbia credibilità.
Lomachenko era indubbiamente più pesante e più massiccio del suo avversario, ma più che con la stazza, ha vinto col cervello: la sua brillantezza tecnico-tattica, le sue qualità atletiche e la naturalezza con cui sa esprimersi sui più prestigiosi palcoscenici mondiali fa di lui la più alta espressione della Nobile Arte di oggi.
