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Boxe&Dintorni

Il sogno infranto di Meo Gordini

 Le società non sono più al centro del sistema pugilistico

 

Gordini Bartolomeo a COLORI

 

La decisione di disegnare un nuovo quadro tecnico per la nazionale, l’inserimento di un consigliere federale come DT e di due cubani come allenatori, ha suscitato critiche e apprezzamenti.
Patrizio Oliva su Boxeringweb ha espresso il suo giudizio, invitando gli altri maestri a farlo. Abbiamo ospitato una lettera dell’Associazione Nazionale Allenatori Pugilato, a firma del presidente Francesco Cutruzzulà, un intervento del maestro Gino Freo e di Alessandro Duran, campione sul ring e all’angolo. Ora ci scrive Bartolomeo Gordini e ci racconta il suo pensiero Siamo convinti che ogni singolo intervento possa aiutare. Niente veleni, nè polemiche. Solo proposte per una boxe migliore.

 

 

Ho sempre sognato che la mia palestra fosse un luogo  in grado di coinvolgere, in modo importante e trasversale,  i giovani. Viviamo accanto  a ragazzi meno fortunati di noi atleti di mezzo secolo fa. Allora non esistevano i problemi di oggi che sono tanti e pesano sulle spalle delle nuove generazioni. Problemi generati  dalla difficoltà di trovare una identità personale, dall'emarginazione sociale, dalla mancanza di valori, lavoro e obiettivi e, per i più piccoli, dal problema del bullismo.

Ai miei tempi la boxe era la medicina per tutto questo. I miei punti di riferimento, i maestri che spiavo  con famelico interesse, erano Poggiolini, Caneo,  Rebecchi, Durelli, Salvatori  e Speranza da cui ho succhiato  il modo di costruire  un progetto di vita e uno stile educativo per i miei allievi.

Oggi anche la  figura del maestro di pugilato, educatore principe di una disciplina che insegna il rispetto altrui, oltre a  saper domare la sofferenza  e l’inquietudine, non è più al centro del mondo del ring nazionale e soprattutto non lo è la  società dilettantistica. La Federazione  guidata da Marchiaro metteva al centro del sistema  pugilistico italiano la società di provincia e  la premiava per ogni risultato  conseguito. Oggi quella fase della nostra  storia  è  solo un ricordo che provoca malinconia e  avvilimento.  La Federazione Pugilistica  Italiana  di oggi è totalmente assente di fronte alle necessità delle società  di base. Non c’è  nessun progetto che  ci coinvolga  nella promozione del pugilato territoriale. Anzi mi pare che non ci sia un progetto ovunque  rivolga lo sguardo. Il giovane atleta che osservo ogni giorno  con grande attenzione  non ha motivazioni e non si sente  cittadino del pugilato italiano. Chi  ci guida usa il  dilettantismo di Stato come mezzo per vincere medaglie  e mantenere la poltrona per il prossimo quadriennio. Il giovane, sradicato dalle sue realtà quotidiane e chiamato  per lungo tempo a partecipare  ai ritiri della nazionale, è spinto  a pensare che l’arrivare in maglia azzurra sia come trovare  un “posto fisso” e si accontenta. Il professionismo ne risente, non è più rifornito da un buon dilettantismo ed è  alle corde!

Oggi 17 gennaio 2018 leggo di un solo campione dell’Unione Europea a livello continentale... Che tristezza!..  Le Asd, con poche risorse come la mia, sono destinate a sparire. Senza un premio al nostro lavoro, senza incentivi e prospettive di promozione si chiude. Anche la categoria degli insegnanti è stata bastonata duramente nell’ultimo lustro. Alcune  migliaia di persone  hanno  ottenuto la tessera  di istruttore  solo frequentando corsi a pagamento  istituiti dalla FPI. La qualità è precipitata. I maestri devono tornare a riunirsi, a  dialogare e a scambiarsi esperienze. La scuola del pugilato italiano è antica quanto nobile e non posso pensare che due maestri cubani, non più giovani e poco conosciuti, sappiano insegnare a colpire o a evitare colpi meglio di tanti maestri  italiani. Occorre un cambiamento totale  e l’unica strada è riportare al centro del sistema chi alleva, fà crescere, finanzia, alimenta, anche personalmente ,la carriera dei giovani. L’incertezza non ha mai portato nessuno alla vetta.

Il rilancio deve passare  anche attraverso il professionismo. Sono due fasi ben distinte . Non si può andare in trasferta all'estero con un pugile senza il minimo supporto  della Federazione Italiana. Tempo  fa i vari Boari ,l'Avvocato Sciarra e altri  erano presenti all’estero  e  l'atleta non si sentiva orfano della propria Federazione. Anche a livello giovanile non si possono portare all'estero i ragazzi solo per raccogliere  qualche medaglia. La specializzazione precoce è pericolosa. I  ragazzi vanno tutelati, sono il vero  capitale della Federazione. Tutte le volte che c'è un pugile sul ring c'è un miracolo dietro  del suo Maestro che ha saputo salvaguardare vocazione e talento.Per quanto ancora ?

Bartolomeo Gordini

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