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Torromeo racconta Damiani e Maurizio Stecca. Due campioni, una storia

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Storie di contrasti, di diversità. Ma anche di complicità, di percorsi comuni.
C’è la ferocia, la violenza che nasce dalle gang di strada, la travolgente potenza di Mike Tyson messa a confronto con quell’appartenenza alla sana cultura contadina, che è poi la natura madre di Francesco Damiani.
Iron Mike vive le sue origini nel ghetto di Brownsville, Brooklyn, dove droga, armi e tragedie sono lo sfondo su cui si svolge il dramma della vita. Francesco ha le radici nei sapori, negli odori, nelle gioie di Bagnacavallo, in terra di Romagna dove la narrazione del quotidiano assume spesso il ritmo dell’ironia.
I due si sfiorano, c’è un tempo in cui addirittura (nell’anno di grazia 1988) le loro strade si incrociano e la sfida sembra stia per trovare data e sede.
C’è il talento di Maurizio Stecca, così forte da accecare chi non possedeva cultura pugilistica. Un campione non capito da chi confondeva la sua bravura con l’immaturità tecnica di alcuni rivali, non riuscendo così a godere dei picchi di qualità del romagnolo. Ne soffriva il ragazzo, si sentiva straniero in patria, entrava in contrasto con lo sport che amava.
C’è il rapporto di complicità tra i due. Gemelli diversi, appunto. Amici, quasi complici nell’avventura pugilistica. Stesso manager, Umberto Branchini. Identico maestro, Elio Ghelfi. Combattevano nello stesso periodo e si esibivano più volte negli stessi eventi. Vincevano l’oro in Coppa del Mondo. Icio vinceva anche e soprattutto l’Olimpiade di Los Angeles ’84. Checco ai Giochi californiani conquistava l’argento, ma nel suo record c’era un successo su Teofilo Stevenson che brillava come il Koh-i-Noor, il diamante più costoso della storia. Tutti e due diventavano campioni del mondo tra i professionisti. La differenza? La categoria di appartenenza. Uno era un peso massimo, l’altro un peso piuma. Un colosso e un ragazzo, uniti dal talento.
Spesso l’uno era spettatore ai match dell’altro. Assieme mangiavano, correvano, combattevano, gioivano. A volte però, anche loro intraprendevano percorsi paralleli. Apparentemente vicini, senza mai incontrarsi.
Storia di due romagnoli partiti alla conquista del mondo, che il mondo alla fine lo hanno conquistato.
Tanti i personaggi che popolano il racconto, tante le città in cui si svolge l’avventura.
Dentro queste pagine ci sono Elio Ghelfi e Umberto Branchini, Loris Stecca e Valter Cevoli. Ci sono i grandi rivali. Biggs, DuPlooy, Mercer. Nolasco, Benichou, Espinoza.
Ci sono le mille luci di Las Vegas, la tensione del Bronx. Rimini e Milano, Siracusa e Clermont-Ferrand. Drammi personali, misteri sportivi. Trionfi e sconfitte. C’è la boxe, c’è la vita. Due protagonisti che hanno scritto la storia del pugilato.
Il libro racconta la loro storia.
Dentro le pagine de LA BOXE DEI GEMELLI DIVERSI c’è l’angoscia, la violenza, gli umori dell’America. C’è la vita, gli amori, le delusioni, i trionfi e le malinconie della Romagna. Ci sono i sapori antichi di questa terra ricca di lavoratori, entusiasmo e allegria.
Ed è proprio lì, in un luogo di spiaggia e mare baciato dal sole, che comincia la storia. Estati infuocate, gente che vuole godersi la vita fino all’ultimo raggio e anche oltre. Si parte con il birro e le sue conquiste, il birro che negli anni Cinquanta si muoveva tra musica, cinema e avventure, confondendo la notte con il giorno. Un play boy che agiva da protagonista nell’intrigante umanità che popolava la Romagna di una volta.
Una terra in cui di passione si poteva addirittura vivere…

156 cover Gemelli 22aperta

(dall’Introduzione de LA BOXE DEI GEMELLI DIVERSI di Dario Torromeo, Absolutely Free Libri. Pagine 244, 17 euro. In libreria e su tutti i siti di vendita online)

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