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La Boxe nella storia

Il 6 novembre del 1908 nasce il leggendario Tony Canzoneri

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Figlio di siciliani  è entrato nella leggenda

Les Darcy ,campione cattolico,entrato nella leggenda australiana della boxe

LES DARCY, "LA MERAVIGLIA DI MAITLAND" IL BOXER CATTOLICO ENTRATO NEL MITO AUSTRALIANO

 Darcy Les TRE

 

 

Di Leonardo Pisani

 

Pensare che non abbia potuto disputare un titolo mondiale ufficiale perché gli negarono il passaporto per recarsi in Usa,  e che in vita fu pesantemente criticato e considerato un vigliacco perché non si volle arruolare per la Grande Guerra perché profondamente religioso  e  pacifista è sconcertante .  

 Do origini irlandese , di fede cattolica si considerava un obiettore-, e  dopo la prematura scomparsa, come capita a molti incompresi colpì le “corde” del cuore degli australiani tanto da diventare un eroe popolare,  a cui hanno dedicato anche canzoni.

 Il suo nome forse ora – a parte l’Australia – non potrebbe dire nulla a chi segue la boxe, ma fu un fenomeno tanto da essere considerato da storici della noble art tra i più forti medi che abbiano calcato il magico quadrato. Parliamo della meraviglia australiana Les Darcy, nato per fare il pugile. Alt solo 168 centimetri aveva , però, un allungo di 180 cm.  Muscoloso , velocissimo di braccia ,  una mascella tanto dura che gli permise di  non andare  mai al tappeto e i vecchi cronisti giurano che non ebbe mai tagli o ferite gravi nelle sue battaglie.

Ironia della sorte, come l’altro medio della terra dei canguri Bob Fitzimmons, anche lui era un apprendista fabbro, e come un fabbro, quando voleva, colpiva: 29 ko su 46 vittorie, solo 4 sconfitte e contro ottimi avversari. Come molti del suo tempo, combatté in molte categorie, iniziò come piuma, leggero poi welter ma arrivò a vincere il titolo australiano dei pesi massimi.

James Leslie (Les) Darcy nacque il 31 ottobre 1895 a Stradbroke, nei pressi di Maitland, New South Wales, secondo figlio di Edward Darcy (o Dorsey), operaio e più tardi contadino e di Margaret, nata O'Rourke. I suoi nonni provenivano da Tipperary, in Irlanda. Lasciò presto la scuola a dodici, la sua famiglia era in pessime condizioni economiche e incominciò a fare l’apprendista fabbro per portare qualche spicciolo a casa. Quel duro lavoro però temprò il giovane fisico facendolo diventare nerboruto  e forte. Poi l’esordio nella boxe professionale a soli quattordici anni, una vittoria prima del limite all’undicesima ripresa contro un certo Guv'nor Balsa. I denari scarseggiavano a casa Darcy, e Les diede sempre gran parte dei suoi ricavi ai genitori.  Dopo  una serie di vittorie  sale  di peso e il 3 novembre 1913- a diciotto anni- ottiene la prima occasione per il titolo australiano , nei pesi welter . Rimediò una sconfitta ai punti in venti riprese contro il veterano Bob Whitelaw, che poi metterà ko l’anno seguente . Seguirono  due sconfitte contro il forte Fritz Holland – già vincitore di Joe Thomas, il duro peso medio avversario di Stanley Ketkel: una ai punti in venti riprese e l’altra per squalifica in diciotto riprese.

E’ ancora giovane Les Darcy, sta diventando un vero peso medio ma soprattutto diventa un richiamo delle arene, quando combatte, il pubblico corre, a volte si organizzavano treni speciali: Holland qualche anno dopo subirà due terribili punizioni dal “The Maitland Wonder”.  Il giovane pugile cresce! Molto allenamento, una vita sana, mai fumato o bevuto . E arriva il primo avversario di levatura mondiale. Può  far sorridere pensando al titolo: Mondiale dei pesi medi riconosciuto dall’Australia, ma poteva ben valere un titolo assoluto.

Darcy les UNO

Sul  ring dello Stadium, Sydney, il 23 giugno 1915 Darcy affronta il “Globtrotter “ Jeff Smith, un talentuoso boxer che in carriera si è preso la soddisfazione di battere Mike McTigue, Jimmy Clabby, Frank Mantell, Mick King, George Chip, Jackie Clark, Bob Moha, Andy "Kid" Palmer, Harry Mansfield, Joe Borrell, Len Rowlands, Young Ahearn, Zulu Kid, George Robinson, "Bandsman" Dick Rice, "Fighting" Dick Gilbert, Frankie Carbone, Johnny Howard, Pat McCarthy, "Captain" Bob Roper, Jamaica Kid, Clay Turner, Lee Anderson, Chuck Wiggins, Harold "Happy" Howard, Harry Foley e Tony "Young" Marullo, oltre a diversi match senza decisione con l’incommensurabile Harry Greb.

Smith è un altro re senza corona, ormai dimenticato nei nostri giorni, ma che Charley Rose pone al settimo posto nella sua All-Time Medi e la “Bibbia” Nat Fleischer al decimo posto. L’incontro fu stranissimo, il giovane Darcy alla quinta ripresa fu colpito basso e non riuscì a continuare,ma l’arbitro non gli credette e lo squalificò: fu l’ultima sconfitta di Les.

 Oltre a difendere il titolo mondiale made in Australia, disputò  incontri con il fior fiore dei medi dell’epoca: ben due volte con il solido Eddie McGoorty, vincitore di Jack Dillon, Dave Smith, Jack Denning, Pat Bradley, "Bandsman" Dick Rice, Matthew "P.O." Curran, Joe Bonds, "Fighting" Billy Murray, Harry Reeve, Mick King and Jerry Jerome, un boxer che Charley Rose mette al sesto posto nella sua all time dei medi e due volte contro the "Indiana Wasp" Jimmy Clabby,il maestro delle finte e delle staffilate con il destro d’incontro che battè anche Mike Gibbons, Dave Smith, George Cook, George Chip, Eddie McGoorty- settimo medio di tutti i tempi per Charley Rose.
Altre sue vittime gli ottimi Albert "Buck" Crouse, George Knockout Brown e per due volte su Dave Smith, che nel record aveva vittorie su Papke e Battling Levinsky . Poi Darcy prese una decisione, quella di espatriare perché la sua giovanile irruenza non sopportava il clima negativo dell’opinione pubblica australiana. Decise  di andare negli Usa per combattere, già dal 1915 avrebbe voluto  farlo. Aveva in mente quattro o cinque incontri ben remunerati per aiutare la sua famiglia in difficoltà per poi ,da  canadese,  arruolarsi o in Canada o nel Regno Unito:i tre paesi che navevano come sovrano Giorgio V -

Darcy Les DUE

 Quindi nel 1916 Les fa i suoi ultimi incontri in Australia, un tour de force per avere buone borse in un mese affronta due portenti: il 9 settembre batte Jimmy Clabby e poi inossidabile il 30 giugno 1916 affronta un osso duro, l’ex mondiale dei medi George Chip, appena tre mesi addietro prima aveva strappato un ND al mulino umano Harry Greb: Darcy stravince per ko alla nona ripresa. Poi clandestino e sotto falso nome parte per New York, e lì si consuma la sua tragica fine, ha appena ventuno anni, è nel pieno della forza, ma ormai non gode più della fiducia dei promoter, il modo in cui ha lasciato l’Australia ha creato un clima negativo nei suoi confronti, furono sì organizzati alcuni match ma poi rinviati o annullati. Solo esibizioni, alcune con un immortale della boxe come Mike Gibbons; ambedue potevano essere i campioni del mondo, ben superiori ad Al McKoy che deteneva il titolo, nessuno dei due ebbe un’opportunità mondiale. 

 Intanto qualcosa andò male, il fisico di acciaio dell’ex fabbro che mai ha conosciuto il tappeto e mai fu stato scalfito, fu colpito da setticemia e da endocardite.  Fu operato alle tonsille, ma sviluppò una polmonite che fu letale. Les si spegne a soli ventuno anni a Memphis, 24 maggio 1917, Il suo corpo fu imbalsamato e riportato in Australia e riposa nella sezione cattolica del cimitero di East Maitland, dove la tragica morte lo fece diventare ancora più popolare e amato: il giovane boxer che andava a messa tutti i giorni, che non amava la guerra ma aveva lo stesso deciso di arruolarsi ma prima voleva mettere a sicura la sua famiglia. Ora corre il pericolo che la sua forza e bravura cada nell’oblio tra gli appassionati di boxe, ma nel paese dei Koala è un eroe nazionale, ha una statua a suo ricordo e ancora ispira cantanti e scrittori. Nat Fleisher considerava Darcy all’ottavo posto della sua all time e Goldman lo inserisce all’undici posto tra i più forti medi di tutti i tempi, come Ketkel non potremmo mai sapere cosa avrebbe potuto realizzare la “meraviglia australiana” morto nel fiore degli anni. 

61 anni fa dopo "il magico 49" Rocky Marciano lascia la boxe

Marciano win Walcott

 di Leonardo Pisani

Sono passati sessantuno anni da quel 21 settembre 1955, quando l’italoamericano Rocco Francesco  Marchegiano meglio conosciuto come Rocky Marciano sostenne il suo ultimo incontro. Era il suo 49 match; un numero entrato nel mito della storia della boxe; 49 vittorie su 49 incontri. The Brockton Blockbuster quel giorno annunciò la fine della sua straordinaria carriera. Prima di lui e dopo di lui nessun campione mondiale della massima categoria si ritirò imbattuto e quel “Magico 49” resta ancora un record inviolato nei massimi. Il suo ultimo avversario non era un pugile qualunque; si trattava della Vecchia Mangusta Archie Moore, l’uomo senza età; il pugile dalle mille vite capace di strepitose vittorie anche in tarda età. Moore si presentò allo Yankee Stadium nel  Bronx con un record di 120 vittorie con 82 prima del limite, 5 pari e 19 sconfitte.

Aveva l’intenzione di entrare nella storia della boxe come il primo campione mondiale dei mediomassimi a vincere il massimo titolo. A sbarrargli il passo l’imbattuto picchiatore di origini abruzzesi abruzzese con 48 vittorie di cui 42 prima del limite. Nella preistoria solo Bob Fitzimmons, campione dei medi aveva conquistato il titolo dei massimi.Certo  tanti campioni mondiali erano partiti da categoria inferiori : Burns dai leggeri; Dempsey; Tunney, Schmmeling; Braddock dai medi e dei welter  , Charles da mediomassimo ad inizio carriera, Jersey Joe Walcott da medio; ma nessun campione mondiale dei mediomassimi era riuscito nell’impresa. Fallì’ Jack Root contro Marvin Hart; fallì il tecnicissimo Philadelfia O Brien contro Johnson e Burns.  The Orchide Man  Georges Carpentier fu frantumato dal selvaggio Dempsey,il sempreverde Tommy Loughran fu sconfitto dal nostro Primo Carnera; John Henry Lewis spezzato in una ripresa da Joe Louis. Billy Conn sfiorò l’impresa prima di andare kot contro Louis; Gus Lesnevich e Joey Maxim fermati dal fuoriclasse Ezzard Charles. Un mediomassimo che preferì i massimi per le borse. Insomma sembrava che ci fosse una maledizione per i campioni dei mediomassimi; sembrava che il massimo titolo fosse stregato per loro. Ma il vecchio Archie Moore andò  sul quadrato deciso a sfatare quella maledetta  leggenda. Aveva 20 anni di carriera alle spalle. Nell’ultimo anno aveva stroncato Bobo Olson, Harold Johnson e Joey Maxim, strabattuto i terribili pesi massimi Nino Valdez, Bert Whitehurst ( per i lucani fu avversario di Rocco Mazzola)e Bob Baker.

Certo L’italiano era favorito 4-1 ma Moore andò per vincere, leggermente più alto 180 contro 178, un allungo maggiore 191 contro i pochi 173 cm di Rocky, ed anche leggermente più pesante.

Moore ammutolì i 61 574 spettatori dello Yankee Stadium quando alla seconda ripresa mise al tappeto Marciano. La roccia italoamericana si rialzò dopo due secondi; perse il round ma poi iniziò a mettere sotto pressione Moore che  ,nonostante la sua abile difesa, andò al tappeto due volte nella sesta, una volta nella ottava e poi definitivamente alla 9 ripresa, quando  ad 1 minuto   e 19 secondi  fu colpito dal terribile “Suzy-Q” di Rocky, il terrificante destro di marciano . La “vecchia mangusta” tra l’amareggiato e il meravigliato, confessò: « Quando alla seconda ripresa con un corto diretto destro d `incontro alla punta del mento l `ho inviato al tappeto, Rocky  ha toccato con il solo ginocchio sinistro e al due me lo sono rivisto in piedi di fronte a me, mi sono detto Archie per te è finita , perché se quel destro lo avessi  tirato a un toro , l `avrei ammazzato » .

Quel 49 rimase da allora un mito nella storia dei pesi massimi; un record imbattibile miraggio di tutti i detentori del titolo; un traguardo che rimase infranto lo stesso giorno, 21 settembre 1985 dopo trenta anni un campione mondiale dei massimi stava per eguagliare il record d’imbattibilità di Marciano; Larry Holmes era a quota 48; se ne parlò molto del possibile superamento di quel record. Ci furono polemiche con Peter, fratello di Marciano. I pronostici erano tutti per il campione, si davano poche speranze anzi nulla allo sfidante che poi ironia del caso era il campione mondiale dei mediomassimi Michael Spinks. Ma tra lo stupore generale lo spilungone del Missouri esorcizzò definitivamente la maledizione dei mediomassimi battendo Holmes. Le 49 vittorie rimasero un mito inattaccabile. Lo sono ancora.

Solo un inciso per chi non conoscesse o conoscesse poco Archie Moore( foto) ; il suo vero nome era Archibald Lee Wright. Non si sa se nacque nel 1913 o nel 1916; si sa solo che fu uno dei più straordinari boxer della storia; tecnico sopraffino , abile nella difesa da essere soprannominato la vecchia mangusta; possedeva potenza in entrambi i pugni. In 28 anni di carriera(1935-1963) sostenne 218 incontri con 185 vittorie di cui 131 prima del limite, 10 pari e 23 sconfitte. Si ritirò nel 1963 dopo la vittoria per ko alla terza contro il lottatore Mike DiBiase- padre dell’altro famosissimo lottatore Ted - prima era stato sconfitto dal giovane Cassius Clay per kot alla 4, ma in nell’ultimo anno aveva pareggiato contro il fortissimo Willie Pastrano e battuto i massimi Howard King e Lavorante. Moore era famoso in Italia perché nel 1960 al palazzetto dello sport di Roma fu sconfitto (?) dell’italiano Giulio Rinaldi - per i lucani fu avversario di Rocco Mazzola-; poi battuto però a New York l’anno dopo con il titolo in palio.

Moore ha affrontato i migliori pesi medi, mediomassimi e massimi del suo tempo tra cui Marciano, Charles, Patterson e Mohamadd Alì. Bert Sugar lo considera al primo posto della classifica mediomassimi di tutti i tempi, Teddy Atlas al 2, MIKE CASEY al 3 posto; Herbert G. Goldman al 5, Charley Rose al 7, Tracy Callis al 9. 

Battlink Siki il primo campione di colore nacque il 16 settembre 1897

di Leonardo Pisani

Il 16 settembre 1897 a Saint-Louis nel Senegal nasceva Louis Baye Fall meglio conosciuto come Battling Siki, passato alla storia della boxe per essere il primo africano a diventare campione mondiale. 


E’ stato tra i personaggi più pittoreschi della boxe, tanti gli aneddoti sulla sua vita, dal passeggiare per le vie di Parigi con un leone al guinzaglio, oppure le risse per le strade a New York per allenarsi, o il divertirsi a spaventare la gente imitando i gorilla, o sparando con pistole in aria. Ma fu anche un soldato volontario della 1^ guerra mondiale e pluridecorato per il valore e il coraggio dimostrato. Questo fu Batlling Siki, di certo un ottimo pugile, ed anche il primo africano a vincere un mondiale di boxe, nel lontano 24 settembre 1922 quando a Parigi mise ko al sesto round l’orchidea francese Georges Carpentier. L’incontro era valevole oltre per il titolo mondiale dei mediomassimi  e anche per l’europeo dei Massimi e il titolo francese dei mediomassimi. L’incontro fu disputato allo Stade  Buffalo di Montrouge, (Parigi), di fronte ad un pubblico di 40.000 persone.

Pare che Siki si fosse accordato per lasciare strada a Carpentier ma che, subìto un atterramento, per orgoglio si fosse messo a combattere seriamente. Il match terminò al 6º round con un uppercut di destro del pugile franco-senegalese. L'arbitro squalificò Siki con un pretesto, ma i giudici di bordo ring, temendo la folla che minacciava tumulti, dopo una ventina di minuti misero da parte l'arbitro e lo dichiararono campione. Deschamps presentò appello alla decisione, che venne però rigettato. 


Pare che fosse nato con il nome e cognome di Baye Fall e che poi avesse cambiato il nome in Louis, divenendo così Louis Fall. L'ortografia del cognome a volte viene mutata in Phal. Gli furono attribuiti anche il nome e cognome di Amadou M'Barick Fall. Ma sarebbe stato conosciuto soprattutto per il suo soprannome: "Battling Siki".
Nacque nella città portuale di Saint-Louis, Senegal. Nel 1897, le persone nate a Saint-Louis – come a Dakar, Gorée e Rufisque (località allora note in Francia come "Les Quatre Communes") – beneficiavano della cittadinanza francese, mentre gli altri abitanti del Senegal, allora colonia francese, erano sottoposti al cosiddetto Indigénat. Da adolescente si guadagnava da vivere tuffandosi dall'alto di una scogliera per cercare sul fondo del mare le monete gettate dai Francesi, quando fu notato da una ballerina olandese che gli propose di seguirlo come cameriere in Europa.

Divenne indipendente mettendosi a fare il lavapiatti durante uno scalo in Francia, dove di lì a breve, a quindici anni, iniziò la carriera di pugile. Senza molti successi, poi la guerra e il ritorno sul ring questa volta con più determinazione, con circa quaranta vittorie con molti ko che lo portarono a disputare e vincere il titolo contro l’altro pluridecorato della grande guerra. Poi il declino a una vita errabonda, mancanza di allenamenti, nottate nei night, alcool e tanta sconsideratezza giovanile che lo portò a difendere il titolo a Dublino, contro un Irlandese proprio il giorno di San patrizio e anche contro un fortissimo pugile: Mike Mc Tigue che lo batté ai punti pur se verdetto controverso.

Sikì a venticinque anni forse era già un pugile finito, trasferitosi in America combatte tra alterni successi e cocenti sconfitte a volte contro forti boxer come o Kid Norfolk  Paul Berlenbach ma anche con avversari non eccelsi.
 Del resto era un picchiatore, dallo stile poco ortodosso e con poca tecnica ma di una vitalità eccezionale e grande potenza, terribile fighter ma con scarsa capacità difensiva. 
Divenne amico del grande Jack Johnson con il quale fece alcune esibizioni nel Quebec, in Canada e come successe al texano subì il razzismo, egli africano senza istruzione che amava troppo le donne bianche e l’alcool; una volta si lamentò:

"Dei giornalisti hanno scritto che ho uno stile che arriva dalla giungla, che sono uno scimpanzé cui è stato insegnato a portare i guantoni. Questi commenti mi feriscono. Ho sempre vissuto in città. Non ho mai visto la giungla."

Poi l’epilogo: Il 15 dicembre 1925 fu fermato da un poliziotto che lo vide barcollare nella 42ma Strada, non lontano dal suo appartamento di New York. Siki gli disse che era sulla strada di casa e se ne andò. Più tardi fu ritrovato a terra, faccia in giù, con due proiettili nella schiena sparati da distanza ravvicinata. L’assassino non fu mai trovato e anche resta il mistero sui motivi dell’omicidio, con il suo carattere bizzarro e rissoso comunque creava problemi, si vociferò anche di debiti: secondo Lillian Phal, suo marito era stato minacciato da un uomo di nome Jimmy su un debito di 20 dollari. Ma non lo sapremo mai.
La moglie Lilian disse di lui "Un bravo ragazzo, era solo un pasticcione. Non avrebbe mai fatto del male a una mosca." e l’antico avversario Georges Carpentier: "È un peccato che un atleta così magnificamente dotato abbia fatto questa fine. Il tempo in cui i pugili potevano bere e gozzovigliare senza freni è passato. Spero solo che la fine del povero Siki possa servire da lezione agli aspiranti."
Il Reverendo Adam Clayton Powell, il padre di Adam Clayton Powell, Mr., officiò i suoi funerali, che si svolsero a Harlem, New York.
Nel 1993 i suoi resti furono riportati nella città natale di Saint-Louis.

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In carriera sostenne 95 incontri con 65 vittorie(35 prima del limite) 25 sconfitte( 3 prima del limite) e 5 pareggi; sconfisse Georges Carpentier, Rienus "Rene" DeVos, Willem Westbroek, Hans Breitenstraeter, Giuseppe Spalla, Harry Reeve and Ercole de Balzac

Rocco Mazzola il simbolo degli emigranti lucani

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di Leonardo  Pisani

Il vecchio pugile mi guardò, e mi disse «In Germania me l’hanno fregato il titolo. Ancora oggi, quando ci penso mi viene da piangere». Dortmund, undici aprile 1959, sul ring per l’incontro principale valevole per il titolo europeo dei mediomassimi l’invitto campione Erich Schoppner, un vincitore del possente peso massimo Henry Cooper, quello che mise al tappeto Cassius Clay, e lo sfidante Rocco Mazzola, già campione italiano dei mediomassimi.

L’italiano di Potenza era nettamente sfavorito, ma sul ring le cose andarono diversamente: dodici riprese combattute sino all’ultimo secondo, poi i verdetti dei giudici ed il teutonico rimane campione europeo. Basta guadare i filmati dell’epoca e notare lo sconcerto del pubblico, tutti tedeschi ovviamente: molti avevano visto Mazzola vincitore. Compreso un talentuoso pugile della nazionale tedesca dilettanti, Joschi Karoli. Ora l’anziano pugile abita a Bad Homburg, vicino Francoforte, parlando con Domenico Friolo, un potentino emigrato in Germania raccontò la sua ammirazione per Mazzola, dicendo che in quell’incontro il lucano avesse smesso di usare un braccio per attaccare, e pensò: parole sue, ad un infortunio taciuto. Per Umberto Branchini, il più grande manager italiano, Rocco aveva vinto, sulla stampa specializzata uscì un giudizio.

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L’italiano aveva perso per la troppa cavalleria, il tedesco invece boxe duro e “sporco”. Mazzola può essere considerato “campione morale d’Europa” ma ancor più il “Campione dei lucani”. Basta quel passaggio di “Rocco e i suoi fratelli” per comprenderlo: Come ti chiami? chiede l'allenatore di boxe Cerri (Paolo Stoppa) Rocco risponde il giovane (Alain Delon). - Come Rocco Mazzola; porta fortuna; sei lucano pure tu... Nella scena prima c'era proprio lui nella palestra il campione italiano mediomassimi e massimi in giacca e cravatta che dà consigli ai giovani pugili, con la sua classica guardia destra. Visconti tra gli interpreti volle anche il campione potentino per tessere ancora di più il legame tra la Lucania ed il film, dove la boxe aveva un ruolo fondamentale. Rocco oggi avrebbe compiuto 84 anni, era nato a Potenza il 20 ottobre 1933. Ci ha lasciati il 18 marzo 2012; una bravissima persona sempre sorridente ed un ottimo pugile; da ricordare sempre. Ho conosciuto di persona e gli ero amico.  Rocco era un uomo leale, buono e molto gentile anche quando per scherzo dava un pugno ancora pesante come un macigno da antico peso massimo. Spesso, quando vivevo in Lombardia gli portavo i saluti dei campioni pavesi Omodei e Campari, di qualche suo ex avversario come Bagnoli. Era contento che ancora si ricordassero di lui. «Leonà. Il titolo europeo me l’hann fregat.» Me lo diceva spesso. Aveva ragione, una cosa non potranno togliere a Rocco Mazzola: era l’orgoglio di quei tanti lucani, umili, poveri, scappati dalla Basilicata per sfuggire alla miseria. Era un simbolo per loro, era uno di loro che ce l’hanno fatta. Ed era un simbolo per chi era rimasto. Il campione che faceva parlare della Basilicata e di Potenza, con la potenza del suo sinistro. Siamo negli anni 50, Mazzola lascia il dilettantismo e emigra a Varese nella scuderia di Libero Cecchi, la guerra è finita da soli 10 anni, l’Italia sta risorgendo ma al Nord, il meridione è ancora più a sud del «Sud.» Rocco ci ha lasciati   5 anni fa, poco per la legislazione nazionale pochi per dedicare una via o un luogo pubblico ad un personaggio. Ma vi sono deroghe, due anni fa lo proposi in una serie di articoli, ne parlai - a livello amicale - con Giampiero Iudicello, consigliere comunale ma anche nipote di appassionato di boxe, amico di Rocco. Da allora tutto fermo o quasi, qualcosa si sta muovendo. Iudicello mi spiega ««Era inizio consiliatura 2015 - Iudicello quando io e te parlammo della idea di intitolare una palestra comunale al pugile Rocco Mazzola. Contestualmente il consigliere Calò propose la stessa cosa avendo interloquito direttamente con la famiglia. Si presentò una mozione in consiglio comunale che vede primi firmatari Calo e Iudicello. La mozione venne sottoscritta da tanti consiglieri al punto che il Sindaco De Luca ritenne che non c’era bisogno di discussione e voto in Consiglio e che si possa recepire e l'indirizzo politico condividendolo in toto. Pertanto si è dato mandato al dirigente di predisporre una delibera per chiudere al Prefetto la autorizzazione in deroga - deroga necessari a non essendo ancora trascorsi 10 anni dalla data del decesso del noto pugile potentino» Quindi allo stato attuale si aspetta soltanto il perfezionamento dell'iter amministrativo». Mazzola merita quella intitolazione non perchè è passato alla storia della boxe nazionale per essere stato il settimo pugile italiano ad aver conquistato il titolo dei mediomassimi e massimi; non perchè è stato uno dei più forti mediomassimi italiani della storia e ora sarebbe un campione mondiale. Mazzola merita una titolazione pubblica perché quegli anni del dopoguerra fu il simbolo di riscatto per tutti i lucani e per tutti i nostri emigranti. Fu un simbolo vero, un simbolo popolare, un uomo che anche nel suo massimo momento di gloria quando frequentava Tognazzi, Coppi, Visconti pensava sempre alla sua Potenza ed alla sua Basilicata. Invito a leggere il libro “Il Biondo – Un pugno alla guerra L’altro per ricominciare” di Gianmarco Blasi per capire il miracolo che l’allenatore Silvio Nocera fece in una Potenza post bellica quando dalla strada creò una delle più forti società di boxe italiane con campioni come Franco Blasi, Bonito e Mazzola. Dal nulla ed in una stanza senza grandi attrezzature sportive. Rocchino è stato il campione delle genti delle Terre di Basilicata. Sul pugile poi molto da dire, gli anni del Mazzola pugile erano formidabili con tanti campioni e tanti ottimi pugili e tanta concorrenza spietata: Rinaldi, Amonti, Baccheschi, D’Ottavio, Bacilieri, Cavicchi, Friso, Scarabellin, in Europa svettavano Erich Schoppner Bubi Scholz, erano i tempi di Archie Moore Harold Jonhson, nei massimi Marciano, Patterson, Ingemar Johansson e Liston. Non è poco, epoca di campioni nella boxe.  Così  lo ricorda l'immenso Sandro Mazzinghi, due volte mondiale dei superwelter quando chiesi di Rocco  : «eccome se me lo ricordo, pugile di alto livello negli anni 50 io ero giovanissimo quando lui combatteva erano i tempi di mio fratello guido 1952/54/59 gran bel peso massimo io ero affascinato dalla boxe volevo diventare un campione come mio fratello guido e nella boxe vedevo la mia vita quindi seguivo tutti i migliori pugili dell'epoca come Mazzola che ricordo in un gran bel match nel 58 , incrociò i guantoni contro D'Ottavio a Saint. Vincent nel giugno del 1958...io ero lì con mio fratello Guido, amico di scuderia di Rocco alla Ignis. Gran bel match grande campione con una tecnica e un movimento del tronco in scioltezza veramente ottima. Sono ricordi lontani di campioni di un passato che purtroppo nella boxe di oggi si stenta a vedere e ricordare». E nel mondo del pugilato anche i mancini non erano considerati bene; difficili da allenare, si cercava di mantenerli nella guardia ortodossa: si diceva che non piacevano al pubblico. Mazzola era un guardia destra e la sua boxe piaceva, tecnica fine e grande cuore; divenne un beniamino dei lucani e un pugile ammirato in Italia. Il valore del lucano si trova nel giudizio di Umberto Branchini, Il “Cardinale” considerava Mazzola quale il 9 mediomassimo italiano più forte mai esistito e lo descrive in questo modo: «Guardia Destra, abile e resistente, combatté anche fra i pesi massimi. Fu campione delle due categorie più pesanti, non conquistò il titolo europeo delle 175 libbre, perché dovette incontrare il campione Schoppner in Germania», questo nel libro intervista l’Avventura curata da Mario Bruno. Raccontai questo giudizio a Rocco Mazzola, rimase colpito e commosso dal giudizio di un’autorità quale Branchini e un po’ amareggiato mi disse: «Il titolo europeo era mio».

Emigrante anche lui, Rocco partì da pugile promettente, ma combatté sempre fuori casa- solo due volte a Potenza a fine carriera-  dopo il pari con il bolognese Cavicchia Bologna, il pubblico tutto a favore dell’emiliano buttò bottiglie sul ring, a Roma contro il romano D’Ottavio al primo incontro per il titolo lo videro perdente i giudici, non il pubblico e la stampa specializzata.

Mazzola giganteggia anche come sportivo corretto, compagno di scuderia all’Ignis del mediomassimo Calzavara, più anziano deve aspettare lunga trafila non potendo scavalcarlo.  Calzavara, bel pugile ma inferiore a Rocco, vinse l’europeo. Mazzola no.

(Pubblicato sul Roma del 18 luglio 2017) 

Nel luglio1897 nasce Erminio Spalla,pugile,attore,ecc

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Un eclettico  del primo novecento

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