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Il maestro e il campione. Coraggio, tragedia, amore per il pugilato

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Il maestro e il campione è il tormentato racconto di un viaggio attraverso le gioie e i drammi della vita. Il centro della storia è un match tra due amici, due ragazzi che si vogliono bene. Si sono allenati insieme in Nazionale, hanno fatto l’alba parlando dei loro sogni.
Vincenzo e Fabrizio, messi davanti alla sfida per il titolo italiano dei medi, sono attraversati da inevitabili paure. Le riassume una domanda di Pepu, un quarantenne che ragiona con la testa di un ragazzo: “Ma io non lo so, Vincenso. Ma tu come fai a picchiarlo se è un tuo amico?”
E sì, perché Vincenzo Imparato e Fabrizio De Chiara sono davvero amici.

Il pugilato è il mezzo per dare ritmo alla narrazione, per creare l’attesa, per immergersi sino in fondo alla tragedia anche a rischio di farsi del male.

Attorno ai due amici si muovono altri personaggi.

Primo su tutti, il maestro Ciro Converti, il co-protagonista dell'intera storia. Un uomo che sembra uscire in tutta la sua potenza da un film del neorealismo italiano. Ha la forza dei buoni sentimenti, una competenza che è cultura, l’abilità di confrontarsi come solo certi maestri di boxe sanno fare. Perché loro si muovono in un mare in tempesta e devono mantenere costantemente la barca fuori dai pericoli.

C’è poi il professor Mario Ireneo Sturla, che ha portato nel pugilato quella che potremmo definire la Dolce Scienza. Si è formato al tavolo di campioni come Umberto Branchini, ha frequentato i bordo ring del mondo intero. Conosce questo universo come pochi.

E poi ci sono loro.
Il match, come ogni appassionato sa, si conclude in modo tragico.
De Chiara muore per i colpi subiti. In tanti mettono sotto accusa il pugilato e subito dopo Imparato.

Ci sono nel libro parole di una grande forza emotiva. Le dice Carla, la mamma di Fabrizio, in due occasioni diverse.
La prima in un’intervista al Corriere della Sera.
Vincenzo ha fatto bene a riprendere la boxe. Deve ricominciare a vivere. Quella brutta cosa non è stata colpa sua. Fabrizio è morto per incuria, disattenzione e ritardi”.
La seconda in una lettera allo stesso Imparato.
Non dimenticarti che sei giovane e hai tutta la vita davanti. Fabrizio voleva diventare un campione. Non arrenderti e fallo tu anche per lui”.

La boxe è uno sport rischioso, questo libro ce lo ricorda. Ma andrebbe capita, prima di essere giudicata.
Ha scritto Joyce Carol Oates.
Uomini e donne che non abbiano ragioni personali o di classe per provare rabbia, sono inclini a respingere questa emozione o, addirittura, a condannarla pienamente negli altri. Eppure questo mondo è concepito nella rabbia, nell’odio e nella fame, non meno di quanto sia concepito nell’amore: e questa è una delle cose di cui la boxe è fatta. Ed è una cosa semplice che rischia di essere trascurata. Quelli la cui aggressività è mascherata, obliqua, impotente, la condanneranno sempre negli altri. È probabile che considerino la boxe primitiva, come se vivere nella carne non fosse una proposta primitiva, fondamentalmente inadeguata a una civiltà retta dalla forza fisica e sempre subordinata a essa: missili, testate nucleari. Il terribile silenzio ricreato sul ring, è il silenzio della natura prima dell’uomo, prima del linguaggio, quando il solo l’essere fisico era Dio…

La tragedia di Fabrizio De Chiara, il dramma di Vincenzo Imparato.
Una storia a tinte forti, fatta di coraggio, paure, frustrazioni, soddisfazioni.
Il lungo viaggio fino all’approdo sognato, il titolo italiano. Poi le delusioni, forti come solo lo sport può dare. La ricostruzione dopo una tragedia sconvolgente come la morte di un amico, dopo un match in cui l’altro pugile sul ring eri tu. Un lento e difficile percorso, fino alla consapevolezza che sei il solo a potere riprendere in mano le redini della tua vita.
Maestro e pugile percorrono l’intero cammino uno accanto all’altro, sicuri che assieme potranno uscire vincitori da una battaglia che gli uomini coraggiosi sono chiamati ad affrontare.

Luisa Mandrino: Il maestro e il campione, una storia di boxe. Edizioni Blonk, 280 pagine, 16 euro.

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