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Su un cavallo, sul ring o nella vita, Rebecca supera ogni ostacolo…

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Verso l'Olimpiade giapponese. Oggi tocca alla milanese, residente a Pavia, Rebecca Nicoli (peso leggero, 60 kg)


Continua il viaggio attorno al poker di donne che rappresenteranno l'Italia ai Giochi di Tokyo 2020.

Conosciamo meglio le ragazze azzurre.
Oggi tocca alla milanese, residente a Pavia, Rebecca Nicoli (peso leggero, 60 kg).

 

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I cavalli, poi i tuffi, addirittura il parkour, prima di approdare alla boxe.
Cominciamo dal parkour.
parkour ‹parkùr› s. m., fr. [da parcours (du combatant) «percorso (di guerra», con mutamento di c in k per influenza dell’ingl. park «parco», ma anche per contaminazione dal linguaggio giovanile]. – Pratica ludico-sportiva inventata nel 1998 in Francia da David Belle, e diffusasi nei centri urbani; consiste nell’affrontare un determinato percorso superando gli ostacoli che via via si presentano (muretti, scale, fossi, ecc.) con salti, capriole, arrampicate e varie altre acrobazie. (dal portale treccani.it).
Un’esperienza per ragazze sedentarie…
Rebecca Nicoli ha fatto anche quello.
Prima era andata avanti per una decina di anni con i cavalli, salto a ostacoli. Un’esperienza nata e sviluppata nell’azienda agricola che il papà ha ad Aqui Terme in Piemonte. Questo e molte altre cose racconta Mario Calabresi nella sua newsletter Altre/storie.
Daniela era il nome della prima cavalla montata da Rebecca, poi ha lavorato con altre/i cinque. Con l’ultimo, Macho, ha esordito in gara.
Il periodo dei tuffi è durato decisamente meno.
Il fatto è che nella testa di questa milanese di nascita, trasferitasi da ragazza con la famiglia a Pavia, girava il ritornello di un vecchio progetto fatto quando aveva appena cinque anni.
Era con i genitori in un campeggio vicino Genova.
“Cosa vuoi fare da grande?” le chiedeva un amico di famiglia.
“Voglio andare alle Olimpiadi” rispondeva pronta la piccola.
Semplice, no?
Sembrava che il problema fosse solo scegliere lo sport con cui andare ai Giochi.
Il week end impegnato con il salto a ostacoli, e il resto della settimana? Doveva trovare qualcosa. Ci pensava la mamma che, visti alcuni volantini fuori dal PalaTreves, li portava a casa e li mostrava a Rebecca. L'idea le piaceva, completata una prima visita in palestra annunciava di voler continuare. Era amore a prima vista. Il maestro Gianni Birardi aveva subito capito che in quella ragazzina c’era del talento.
Esordio ufficiale il giorno del compleanno del papà. La grande avventura era appena cominciata.
Proprio quando l’Olimpiade sembrava a portata di pugno, per due volte temeva di perderla. Tokyo 2020 rischiava di diventare solo un miraggio.
A novembre dello scorso anno subiva un intervento all’anca. L’operazione andava bene, ma i tempi di recupero erano lunghi e lei camminava con le stampelle.
Ci pensava Fabio Morbidini, con la complicità dei maestri Birardi e Michele Caldarella, a rimetterla in sesto. Il fisioterapista della nazionale lavorava a tempo pieno sulla piccola combattente lombarda e alla fine la restituiva alle gare in tempo per il torneo di qualificazione.
Un match ancora e avrebbe staccato il pass.
Davanti aveva Caroline Dubois, un talento puro. La Nicoli era brava, ma non ce la faceva. Il dubbio si riproponeva.
Sarebbe riuscita a mantenere il programma tirato giù quando aveva appena cinque anni?
Spareggio contro Nikoleta Pita.
Andava bene.
Io l’ho raccontata così.
“Rebecca Nicoli ha 21 anni e un cuore da guerriera. Ci sono quelle giornate in cui devi mettere da parte la ricerca della perfezione, l’esasperazione del bel gesto tecnico. Sali sul ring e sai che come unica compagna di avventura avrai la tigre che si nasconde dentro di te. Rebecca non ha dimenticato di scavare in fondo all’anima per tirare fuori ogni goccia di coraggio. La rivale cercava lo scontro fisico, una guerra fatta di piccoli sotterfugi e grandi trattenute. L’avversaria era Nikoleta Pita. L’avevo definita la regina delle sorprese. La vittoria nella prima fase delle qualificazioni a Londra contro Delfine Persoon, mi aveva fatto pensare meritasse quel soprannome. Dopo averla rivista all’opera, mi sono convinto che il nickname che le si addice di più è un altro. La piovra. Mille scorrettezze per tenere a freno la migliore tecnica dell’azzurra. Un’esagerazione di trattenute che le sono valse la prima ripresa a stretta maggioranza (due giudici per Rebecca, tre per la greca). Poi non c’è stata più storia. La più brava, la migliore delle due ha staccato il pass per Tokyo”.
E adesso anche lei è a Tokyo, combatterà nella categoria 60 kg (pesi leggeri). Sarà dura, Rebecca Nicoli è una tosta e saprà farsi rispettare. Ha già superato molti ostacoli, altri dovrà superarne. Percorso complicato, ma non bisogna lasciarsi sopraffare dal pessimismo.

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