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La risicata vittoria di Corrales su Castellanos

 Corrales beat Castellanos LA

Il panamense la spunta di un soffio per Decisione Tecnica al decimo round. Barrera domina Smith tra i mediomassimi

di Matteo Biancareddu

Il match tra Jezreel Corrales (22-1-0, 8 KO) e Robinson Castellanos (24-13-0, 14 KO), disputato questa notte a Inglewood, California, e valevole per il titolo WBA Super dei superpiuma in possesso di Corrales, doveva essere il più ovvio e scontato dei tre incontri di cartello, ed è invece risultato il più incerto e combattuto. E’ il bello della boxe, che riserva sorprese anche laddove si pensa non ce ne possano essere. Corrales l’ha spuntata di un’inezia grazie a un verdetto a nostro avviso corretto, emesso all’inizio del decimo round per via di una testata accidentale – una delle tante succedutesi durante il match – che ha messo fuori gioco il già ferito Castellanos. L’arbitro, dietro indicazione del medico, ha comandato la chiusura anticipata dell’incontro, che stava per culminare nella fase decisiva, e la lettura dei cartellini parziali, divenuti a quel punto definitivi. Due dei tre giudici hanno dato ragione a Corrales con uno scarto di uno e quattro punti (troppi), mentre il terzo aveva un pareggio. Noi, per quel che vale, avevamo Corrales avanti di due punti all’atto dell’interruzione. Abbiamo ovviamente attribuito un punteggio di parità, 10-10, all’ultimo round disputato, poiché l’interruzione è intervenuta a pochi secondi dall’inizio della frazione, così da rendere impossibile e insensata l’assegnazione della ripresa all’uno o all’altro pugile. Ci auguriamo che i tre giudici abbiano fatto lo stesso.

Il panamense Jezreel Corrales, campione WBA dei superpiuma, era atteso all’esordio su un ring statunitense dopo la sorprendente, duplice vittoria su Takashi Uchiyama, l’imbattuto giapponese da molti considerato, fino alla disfatta con Corrales, il miglior superpiuma al mondo e uno dei migliori pugili in assoluto. Si può ben dire, tuttavia, che Corrales abbia ampiamente deluso le aspettative, malgrado il conseguimento del risultato voluto: il suo rivale, il messicano Robinson Castellanos, era poco più di un collaudatore, promosso al rango di sfidante in virtù dell’imprevista vittoria sul cubano Yuriorkis Gamboa, o almeno sul poco che allora ne restava. Sarebbe ingeneroso asserire che Castellanos sia stato chiamato a misurarsi con Corrales quasi per caso o per mera fortuna, ma certo non sarebbe lontano dalla realtà dei fatti: il messicano, militante nelle fila dei piuma fino a un anno fa, vanta un saldo vittorie-sconfitte da mestierante del ring; non aveva mai disputato alcun titolo di sigla e non vantava vittorie di prestigio, a parte quella già citata su Gamboa e quella del 2014 sull’imbattuto Ronny Rios. Eppure, negli ultimi tempi, Castellanos sembra rinato a una seconda vita pugilistica, peraltro nettamente migliore della prima, che era quella di un journeyman o poco più. Corrales ha sudato le proverbiali sette camicie nell’intento di batterlo, assaggiando due volte il tappeto nel quarto round per poi restituire il favore nel settimo. Siamo dell’idea che il panamense sia stato in buona parte responsabile delle difficoltà attraversate, non foss’altro che per la condotta dissennata messa in atto senza mai un ripensamento: sebbene Castellanos non sia un picchiatore, si tratta pur sempre di un fiero combattente messicano, la cui “garra” sconsiglia a chiunque, se non debitamente attrezzato, di stargli fermo davanti per scambiare a viso aperto. Corrales ha fatto esattamente questo, pensando forse di poter vincere di forza solo in virtù dell’annunciato divario tecnico. Così facendo, invece, ha permesso a Castellanos di stare nel match e di essere persino pericoloso, come attestano i due atterramenti a carico del panamense.

Corrales ha boxato da incontrista, cercando di mettere i colpi su quelli altrui; ma l’ha fatto stando fermo davanti a Castellanos e concedendo assiduamente la media distanza, quindi la possibilità di replica, all’avversario. Ove ciò non bastasse, è stato quanto mai disordinato e scomposto: che non fosse un tecnico ortodosso e dalla linea pulita era cosa ampiamente nota, ma non ci saremmo aspettati di vederlo così confusionario e avventato come è risultato nel match di ieri. Ai demeriti di Corrales si sommano gli indubbi meriti di Castellanos, che non sono circoscritti all’orgoglio e al coraggio profusi nel combattimento: il messicano è stato anche intelligente, ben più del suo dirimpettaio, capendo quale fosse il modo più indicato per colpire un avversario così sgusciante e reattivo. Corrales, da mancino che si difende con la spalla destra alzata, schiva il destro piegandosi verso sinistra: una volta capitolo, Castellanos ha iniziato a portare ripetutamente il montante destro d’acchito, che puntualmente intercettava il movimento di flessione di Corrales. Il risultato era il duplice atterramento del quarto round; soprattutto il secondo, che nasceva esattamente da quella situazione. Dal quinto round in poi, dopo aver vinto i primi due e perso i due seguenti, Corrales trovava parziali contromisure interponendo una distanza maggiore tra sé e l’avversario, ma persisteva nella ricerca della soluzione forzata. Pur continuando a subire colpi gratuiti, risaliva faticosamente la china fino alla settima ripresa, quando spediva al tappeto il rivale con un gancio sinistro solo parzialmente attutito dal guantone. I due pugili si spartivano la posta nell’ottava e nella nona frazione, la più bella del match, che vedeva Castellanos rinvenire con veemenza e Corrales calare vistosamente dopo gli sforzi dei round precedenti. Subito dopo l’inizio della decima tornata, l’ennesimo scontro di teste causava una profonda ferita all’altezza dello zigomo destro di Castellanos, già ammaccato sulla fronte fin dal secondo round. L’arbitro decretava la cessazione delle ostilità e interpellava in anticipo i tre giudici, che si pronunciavano come sappiamo. Un incontro così combattuto, con fasi così alterne e con un finale così controverso richiede una rivincita immediata. Ci auguriamo che la WBA la comandi.

Era molto atteso il match tra Sullivan Barrera (20-1-0, 14 KO) e Joe Smith Jr (23-2-0, 19 KO), due mediomassimi in ascesa verticale, che si disputavano un titolo minore del WBC e soprattutto l’accesso ai piani alti della categoria. In sede di presentazione, avevamo individuato nel cubano Barrera il nostro favorito in virtù della maggiore cifra tecnica, ferma restando l’elevata pericolosità di Smith; eppure, non ci saremmo aspettati un incontro così unidirezionale, dominato in lungo e in largo dal caraibico. Che Smith fosse un pugile assai limitato e monodimensionale, dotato solo di una fisicità esuberante e di una potenza ruggente in entrambe le mani, era cosa nota e da noi puntualmente anticipata; ma le sue recenti, prepotenti affermazioni su uomini del calibro di Andrzej Fonfara e Bernard Hopkins, pur con tutte le riserve circa lo stato dei due pugili citati, suggerivano una certa cautela nel dipingere Smith come docile agnello sacrificale al cospetto di Barrera. Il primo round della sfida sembrava avvalorare questa annotazione, perché Smith, alla prima occasione utile, deponeva l’avversario al tappeto con un gancio sinistro per giunta sporco, a ulteriore testimonianza della potenza nascosta nei suoi guantoni. Da quel momento in avanti, però, si dispiegava il dominio ininterrotto del pugile cubano, che dava fondo al suo vasto repertorio per ridurre all’impotenza il più giovane avversario. Barrera risultava superiore in tutti i settori, persino nella boxe a corta distanza, perché muoveva le mani con tali velocità e padronanza da togliere a Smith la minima occasione di replica. Il verdetto in coda ai dieci round disputati non poteva che essere nettamente favorevole a Barrera, che ora si propone quale guastatore in una categoria straripante di pugili validi.

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