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Nel pugilato dimenticare é un po’ morire

SanSiroBoxe

(San Siro di Milano - 1961 - Duilio Loi contro Eddie Perkins)

“La vita può essere capita solo all’indietro, ma va vissuta in avanti”, scrisse il filosofo danese Søren Kierkegaard oltre centocinquant’anni fa.
Ecco il ricordo.
Una semplice parola che in latino (re-cor) significava “ritorno al cuore”, a quei tempi ritenuto la sede delle memoria. Il ricordo: la colonna portante di qualsiasi sapere umano.
Più esso é pallido e più diventa difficile riflettere sul passato, valutare il presente e incamminarsi verso il futuro. In sua assenza, viene a mancare la pietra di paragone, la bussola che indirizza verso la meta, il faro rassicurante all'orizzonte.
Molto spesso nello sport, specialmente nel pugilato, chi racconta ciò che fu viene accusato d’essere un inutile e noioso nostalgico, ma non é così. Chi rinverdisce l’ieri compie un’opera culturale preziosa e indispensabile alla quale, coloro che amano la Nobile Arte, dovrebbero attingere a piene mani. Se ciò che é stato svanisse inesorabilmente nell’oblio, l'umanità sarebbe ancora nelle caverne e sulle palafitte.
Non potrò mai dimenticare, a tal proposito, lo sguardo perso di un importante personaggio del pugilato, quando casualmente anni fa gli nominai Carmelo Bossi e Sandro Lopopolo, dei quali ignorava l’esistenza. Allora a cosa servirono le loro imprese? Se qualcuno non sa, significa che é privo di cultura specifica dell'argomento o non ha “studiato” nulla perché non ama la “materia”. E allora a cosa serviva lui?
I protagonisti modesti e famosi, le arene immense e improvvisate, le foto ingiallite e quelle ancora nitide, l’elenco di nomi vicini e lontani di un mondo guantato che non c’é più, danno senso a tutto il resto. Anche a rendersi conto della realtà presente, di termini quali “campione”, “leggenda”, “mito”, “fuoriclasse” distribuiti oggi con estreme facilità quasi si acquistassero sulle bancarelle del mercatino rionale. Si gratificano con definizioni rindondanti serate di boxe a cui assistono sparuti drappelli di spettatori commoventi nella loro passione. Si alzano squilli di trombe per serate televisive con un numero di spettatori, in tutta Italia, inferiore a quello che in una sola sera affollava il PalaEur di Roma o il Vigorelli di Milano. Perché? Proprio perché sempre di meno sono coloro che raccontano il passato riportando alla luce cosa significhi davvero essere campioni e quale sia la “grande boxe”. 
Senza conoscenza, senza un briciolo di cultura pugilistica storica, si perde la percezione del presente e non si sa dove andare.
Nostalgia? Altra parola di uso comune che in greco antico (nostos-alyos) indicava il dolore di non potere ritornare alla propria casa lontana. E il mondo del pugilato vorrebbe tornare alla propria cara e degna casa. Che c'é di male? E' un impulso che spinge a non cedere mai!
Tutto qui. E ciò vale sempre e dovunque nell'esistenza umana.
Se fossimo privati del ricordo e della nostalgia, un giorno non ci si dovrebbe stupire se il Colosseo fosse trasformato in garage e se acquistando una statuetta in plastica del David di Michelangelo, a qualcuno sembrasse più bella dell’originale...

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