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Ancora Dirrell Ko dopo il gong ma vince per squalifica.

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Punito il colpo irregolare di Uzcategui. Vergognosa aggressione al pugile venezuelano nel post-match

di Matteo Biancareddu

Se è vero che la storia si ripete ciclicamente, secondo una teoria postulata già dagli antichi greci, abbiamo una spiegazione per quanto è accaduto questa notte sul ring di Oxon Hill, nel match tra i supermedi Andre Dirrell (26-2-0, 16 KO) e José Uzcategui (26-2-0, 22 KO). Dirrell, di cui ben conosciamo la storia, ha ottenuto una vittoria per squalifica all'ottavo round, la seconda in carriera dopo quella del 2010 su Arthur Abraham; ma è certo che vi avrebbe rinunciato volentieri stavolta come allora. Per la seconda volta, infatti, lo sfortunato pugile di Flint è stato messo KO dopo il gong, con modalità meno drammatiche di quelle del KO irregolare inflittogli a suo tempo da Abraham, che ne mise a repentaglio l'incolumità fisica e la carriera, ma comunque piuttosto preoccupanti. Incassato il colpo, Dirrell si è adagiato riverso sulla stuoia ed è stato prontamente soccorso, mentre il ring era invaso dal suo interminabile clan, deciso a fare giustizia. C'era anche Anthony, fratello di Andre e già campione di sigla nei supermedi; ma non è stato lui a vendicare il pugile colpito, bensì un altro membro della claque, che ha guadagnato l'angolo opposto per sferrare due pugni al volto di Uzcategui. L'episodio avveniva dopo che Dirrell, riavutosi dallo stordimento iniziale, aveva compiuto un ammirevole gesto distensivo andando dal rivale per accoglierne le scuse. Evidentemente, ciò non bastava per sedare gli animi tra gli uomini all'angolo di Dirrell, comprensibilmente arrabbiati per il secondo KO dopo il gong riportato dal loro beniamino negli ultimi sette anni. Non capiamo, però, come si possa consentire a tanta gente, peraltro coinvolta emotivamente, di stare ai piedi del ring durante un match: in caso di episodi controversi, lo scatenarsi di incidenti è quasi inevitabile, con tutte le conseguenze possibili. Fortunatamente, Uzcategui non ha accusato il colpo e si è affrettato a lasciare il ring, mentre Dirrell, inquadrato dalle telecamere, non celava il disappunto per la rissa scatenata da chi lo accompagnava.


Il match è stato bello fino allo spiacevole epilogo, che le vicendevoli provocazioni tra i due pugili, peraltro ormai abituali sui ring di tutto il mondo, non avevano comunque fatto presagire. Dopo una fase iniziale favorevole a Uzcategui, che aveva inflitto a Dirrell un atterramento non riconosciuto dall'arbitro e l'aveva poi scosso in altre occasioni, il pugile di Flint aveva ritrovato il filo del suo solito, eccellente pugilato, frustrando gli sforzi di un rivale comunque mai domo e sempre pericoloso. Non è da escludere che proprio la crescente frustrazione sia stata la causa del colpo sferrato da Uzcategui dopo il gong, anche se va detto che il venezuelano deve averlo per vizio, perché ci aveva già provato alla fine del secondo round, nel suo momento migliore. Soprattutto in quel caso, il colpo dopo il gong era apparso volontario, mentre ci sentiamo di riconoscere a Uzcategui le attenuanti circostanziali per il pugno che gli è costato la squalifica: era l'ultimo colpo di una combinazione di tre, il primo dei quali era senz'altro regolare, mentre il secondo era contemporaneo al suono della campana. Per un pugile, fermare un’azione in quei momenti concitati è impresa assai difficile, anche perché sappiamo che i gesti della boxe funzionano per automatismi, sicché è quasi innaturale spezzare una combinazione a metà della sua esecuzione. Visto il precedente del secondo round, comunque, siamo propensi a credere che Uzcategui non abbia neanche pensato di fermarsi. E, in ogni caso, la squalifica è un atto dovuto, perché Dirrell non era in condizione di proseguire.

All'inizio, Uzcategui ha spiazzato tutti, compreso il rivale, proponendo una guardia destra speculare a quella di Dirrell. Il venezuelano ha esercitato una pressione ragionata e costante, cercando in modo sistematico il sinistro d'incontro sul jab dell'avversario e lavorando con metodo al corpo. Nel secondo round, l'arbitro Bill Clancy, infervorato ai microfoni di Showtime nel post-match, ha dimostrato da che parte stesse con due decisioni quantomeno discutibili: prima ha fermato un'efficace iniziativa di Uzcategui, apertasi con tre colpi a segno e destinata a continuare, per sanzionare verbalmente un colpo basso apparso inesistente anche in diretta; poi ha declassato a caduta involontaria un inequivocabile atterramento ai danni di Dirrell, chiaramente scosso da più colpi. In base all'andamento del match fino al terzo round, c'era da dubitare che Dirrell avrebbe finito il match in piedi.


A partire dalla quarta ripresa, invece, il pugile di Flint ritrovava lo smalto solo parzialmente mostrato nei round precedenti: riusciva finalmente a imporre il jab e, con il conforto dei buoni riscontri ottenuti, azionava un ficcante sinistro d'incontro. I suoi movimenti, sempre più sciolti e veloci, mandavano a vuoto quasi sempre il pur bravo avversario, il cui entusiasmo iniziava a calare. Dirrell era padrone della situazione fino al gong di chiusura dell'ottava ripresa, quando accadeva il fattaccio. La squalifica di Uzcategui, come detto, era la naturale conseguenza, mentre la rissa successiva è da censurare senza condizioni. L'auspicio è che l'incidente non mini le certezze che Dirrell ha faticosamente e solo parzialmente ricostruito dopo l'analogo episodio del match con Abraham. D'altra parte, è il caso di esprimere lo stesso augurio all'indirizzo di Uzcategui, vittima di un'aggressione ben più grave della sua scorrettezza

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