Michele Di Rocco è stato tra il 2012 e il 2016 uno dei rappresentanti di spicco del pugilato professionistico italiano nel mondo. Imbattuto campione europeo per tre anni, più volte nella top 10 di due sigle, è stato challenger per il titolo vacante Wba dei superleggeri nel maggio del 2016. Ha perso contro Ricky Burns, poi un vuoto di dieci mesi e un match di rientro di pura routine a fine marzo a Roma. Un paio di settimane fa la notizia della trasferta in Russia contro i temibile ex campione IBF Eduard Troyanovsky (25-1, con una percentuale di vittorie per ko dell'85%).  Ma chi è il Di Rocco edizione 2017? Dove si allena? Chi lo assiste sotto il profilo manageriale? Ce lo racconta lui stesso in questa intervista  a ruota libera:  -Sono un rifiutato dai manager e dalle palestre italiane! Mi alleno da solo e mi gestisco anche da solo, perché non posso fare diversamente. Ho trovato porte chiuse ovunque, nonostante negli ultimi anni pensi di aver dato molto al pugilato italiano. Mi ritengo il simbolo del vero professionista italiano: quello senza un minimo di stipendio e che per campare deve cercarsi un altro lavoro. Oggi chi fa la nostra professione o ha una palestra dove allena gli altri, magari in varie discipline, oppure un lavoro autonomo che gli permetta di allenarsi alle ore che vuole e dove desidera. Sono corifeo di una razza di pugili italiani in via d’estinzione. Tra i dilettanti c’è il cosidetto professionismo di Stato, con la Federazione a fare da manager. Per chi vuol fare il vero professionista come me, che conosce solo la boxe, gli allenamenti e la famiglia, entra in una sfera dove l’infrequenza e la mancanza di investimenti e di obiettivi è la quotidianità con cui convivere ogni giorno. Sono un emarginato dal sistema prof italiano e sono felicemente solo. Quando apprendo che Domenico Spada ha combattuto per il titolo italiano e ha incassato puliti 1500 euro, rabbrividisco. Viviamo di briciole e scivoliamo sempre più in basso.

Ho trovato il match con Troyanovsky grazie a un manager bulgaro. Sono il primo italiano che si avvale di un manager straniero, come del resto mi permette il regolamento. Ho chiesto a Georgi Gergov un match importante e lui me l'ha trovato. Una pazzia combattere al magnifico Stadio Luzhniki di Mosca contro un elemento così forte?  Certamente no. Io non temo nessuno e credo di averlo dimostrato nella mia carriera. Avrò una borsa decente (15.000 euro?) e partirò per questa avventura con una buona preparazione. Prima mi sono allenato con il mio vecchio maestro Gerardo Falcinelli ad Assisi, lavorando anche con gli atleti della Nazionale, poi da Bastia Umbra, dove risiedo, mi sono trasferito a Roma perché ho trovato accoglienza e amicizia, grazie a Daniele Petrucci e alla sua Boxe Roma San Basilio. Sono in buone condizioni e molto motivato. Combatto in una riunione di notevole valore che avrà il match tra l’ex campione dei massimi Povetkin e Rudenko in copertina. Poi in ordine di importanza ci sarà il mio match con Troyanovsky, che viene considerato come una semifinale mondiale. Sia chiaro che vado in Russia per vincere. Il russo è molto forte fisicamente e ha mani pesanti, ma credo di essere più veloce e mobile. Lui non lavora sulla corta distanza, quindi cercherò di entrare nella sua guardia, colpire con serie rapide e uscire. Sono capace di farlo e bene. Non faccio sogni, ma so di poter battermi ai massimi livelli. Io faccio il pugile di professione; combattere dovunque e con chiunque è il mio mestiere che faccio per assicurare un futuro alle mie due figlie e a mia moglie. Dedico a loro la mia vittoria e alla memoria del maestro Carlo Maggi, una grande persona-.