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Sono pugili, non gladiatori al Colosseo. Il loro coraggio merita rispetto

 MR copia

 

di Dario Torromeo

Qualche riflessione su Magnesi vs Rikiishi.
Ho letto tantissimi post sui social, commentano la conclusione drammatica del mondiale Silver WBC dei pesi superpiuma.
Qui vorrei parlare delle affermazioni di chi si è schierato a favore della prosecuzione del match.
Ormai si ferma un incontro per uno zigomo gonfio!
Insomma, l’arbitro avrebbe sbagliato, ma solo perché non ha consentito al combattimento di andare sino alla fine.
Sono in tanti, credetemi, a pensarla così.
Tutto questo fa paura.
Si schierano in favore di un pugilato disposto a mettere in gioco tutto, a rischiare la vita per ottenere il risultato. O, peggio, non vogliono ammettere che oltre una certa soglia, la tragedia sarebbe costantemente dietro l’angolo.
Questo non è pugilato. E se lo fosse, andrebbe abolito.
Sarebbe un salto all’indietro di 2140 anni. Torneremmo ai gladiatori del Colosseo.
Bastava resistere pochi secondi e il titolo era salvo.
I secondi erano 26, abbastanza per fare correre rischi terribili a Michael Magnesi. Vi rendere conto di cosa sarebbe potuto accadere in quello spazio di tempo in una sfida tra un pugile senza difesa, in balia dell’avversario, privato della possibilità di difendersi con i muscoli del collo e delle spalle, davanti ai pugni di un altro uomo ancora in grado di caricare il colpo?
17 marzo 1990
Hilton Hotel, Las Vegas
Mondiale Wbc, Ibf dei superleggeri.
All’inizio della dodicesima ripresa Meldrick Taylor è nettamente avanti su due cartellini: Dave Moretti 107-102, Jerry Roth 108-101. Un punto di vantaggio per il giudice Chuck Giampa 105-104.
A 25 secondi dalla fine Julio Cesar Chavez centra con un terribile gancio destro al mento lo statunitense, tre secondi dopo mette a segno un montante sinistro al fegato.
Mancano 17 secondi al suono dell’ultima campanella quando JC, con un altro devastante gancio destro, mette al tappeto Taylor, che nonostante l’ampio vantaggio ha comunque subito colpi durissimi da parte del messicano nel corso dell’incontro.
Meldrick si alza con grande fatica. L’arbitro Richard Steele conta fino a 9, poi lo fissa negli occhi e gli chiede per due volte se vuole continuare. Taylor non gli risponde. Steele ferma il combattimento e dichiara Chavez vincitore per kot 12.
Mancano 2 (due) secondi alla fine (il cronometro della Tv che trasmette l’incontro indica ancora 6 secondi alla fine, ma il cronometrista ufficiale conferma: kot a 2:58 della dodicesima e ultima ripresa).
Seguono polemiche dure, pesanti.
Richard Steele non si scompone.
Io faccio l’arbitro, non il cronometrista. Non c'è mondiale che valga la vita di un uomo.
Portato in ospedale, Taylor viene esaminato dal dottor Flip Homansky. Si scopre che il pugile ha subito una frattura del massiccio facciale e un danno renale così grave che sta urinando sangue puro.
Un pugno, uno solo, a fine match, contro un uomo fortemente debilitato e nell’impossibilità di difendersi sarebbe assai vicino a un’esecuzione.
La boxe è un’altra cosa.

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