Era per la prima volta sul ring e ne stava passando di tutti colori. Era persino peggio di quello che s’era immaginato. Sentiva la voce roca e imperiosa del maestro che gli gridava consigli. Però li udiva non con le orecchie, ma direttamente dentro di sé. Quante volte quel burbero tecnico l’aveva richiamato, sgridato e spesso persino offeso e umiliato durante gli allenamenti, affinché facesse ciò che doveva fare e nel modo migliore!
L’aveva talvolta detestato per tale atteggiamento che lo svergognava davanti ai compagni di palestra.
Poi l’incontro finì e, seppure stremato come non mai, alzò il braccio da vincitore.
Mentre rientrava negli spogliatoi con le gambe tremanti per la fatica, si volse verso il maestro:
“Avevo una paura matta, credevo di farmela sotto…”.
“Dov’eri e cosa facevi sino a cinque minuti fa?”, gli rispose il maestro…
“Ero sul ring e combattevo”, esclamò perplesso il ragazzo.
“Vedi che non capisci un cazzo nemmeno stavolta?-Gli ringhiò con la solita brutalità il tecnico senza nemmeno guardarlo in viso-Quella tu chiami paura io lo chiamo coraggio. Infatti hai combattuto, stretto i denti e vinto…Non c’è niente da fare…Non capisci un cazzo!”.
Allibito, il pugilino appena nato aprì la bocca per ribattere a tono.
Ma gli uscì soltanto: “Grazie, maestro!”.