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Storie di Boxe

Il pugile e la pallina lanciata

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E’ sempre molto verde l’età in cui un giovane decide di dedicare tante cose allo sport. Se quello sport è poi la boxe, la decisione è ancora più totalizzante. Deve compiere una scelta tra ciò che sarà importante per riuscire a combinare qualcosa e ciò che lo sarà meno.
Anzi.
Talvolta proprio da scartare come un diavolo tentatore. Faticherà, soffrirà, rimpiangerà, verserà lacrime e conquisterà sorrisi.
Soprattutto sognerà…
E non tutti lo capiranno, in casa e fuori. Tra la gente matura o i coetanei a briglia sciolta.
Inutile vagheggiare di soldi, di ricchezza, di prime pagine sui giornali. Un privilegio di pochi eletti…
E in fondo non gliene frega neppure tanto.
Poi un giorno, chi prima e chi dopo, si stancherà o verrà scartato dalla selezione impietosa dei risultati o eliminato dalle leggi del tempo.
Cosa gli resterà?
Solo una specie di pallina di gomma che solo lui vede, impastata con le proprie mani nei giorni da pugile, infarcita di tutto il bello e tutto il brutto che ha vissuto. Degli insuccessi o dei fantastici trionfi incontrati lungo l’impervio percorso.
Una pallina che lancerà in avanti, sulla strada della vita e che rimbalzerà mille volte senza fermarsi mai.
Una pallina ricolma di sé e camminando lungo la via di un futuro mai semplice ogni tanto si fermerà per raccoglierla, osservarla, ripassarla e buttarla di nuovo in avanti, avanti e ancora avanti.
A fargli da guida e da compagnia per anni e anni.
Una pallina magica, fatata, fedelissima. Che non si perderà né scomparirà né si consumerà mai…

La Boxe, la bilancia, la salute, il domani...

Bilancia

...Gli avevano detto che la bilancia é la strega cattiva dei pugili. Allora era un ragazzino alle prime armi e l'aveva presa come un'esagerazione dei "nonni" dello spogliatoio verso la nuova recluta per spaventarla un po'.
Invece gli avevano descritto perfettamente la realtà.
Aveva pensato, qualche tempo dopo, che salire di qualche chilo seguendo il naturale sviluppo del proprio corpo sarebbe stata la soluzione ovvia.
Invece no!
Man mano che s'allungava la lista dei suoi successi, lo convinsero che sarebbe stata una pazzia. Gli avversari erano più forti nella categoria superiore, più temibili...Per nutrirsi e ad abbeverarsi come un uccellino gli offrirono soccorsi farmacologici e lo sottoposero a strani rituali che parevano tratti da film di fantascienza.
E ciò per essere sempre il migliore, per fregare i rivali, la bilancia e finanche la fame e la sete.
Ma di notte faticava a dormire, era diventato intrattabile per la tensione che gli graffiava le viscere, si sentiva perennemente stanco. Le vittorie, le gratificazioni morali ed economiche, lo spingevano però ad andare avanti.
Poi un giorno, tornando a casa da un lungo ritiro, in famiglia lo guardarono sbigottiti. Aveva l'aspetto inquietante di chi é malato e non se ne rende conto. Il volto pallido e scavato, gli abiti diventati larghissimi, un atteggiamento chiuso e sommesso non da atleta pieno di vigorosa gioventù, ma da persona rassegnata a percorrere un calvario.
Nell'ennesima notte di sonno ad intermittenza, pensò a com'era sino a qualche anno prima. Allegro, pieno di muscoli forti e guizzanti, di speranze e di serene aspettative. Accese la luce e si guardò allo specchio. In quel momento gli parve di guardare un altro, tant'era cambiato.
Che gli era successo?
Prese coscienza che un giorno, prima o poi, avrebbe appeso i guantoni al chiodo con tutta la vita ancora davanti. Ed ebbe paura. Certi conti si pagano. A volte dilazionati nel tempo, ma comunque si pagano.
Quando rientrò in palestra disse al suo tecnico e ai dirigenti che sarebbe salito di categoria perchè non ne poteva più di una vita piena di angosce e di stregonerie.
Gli buttarono tra i piedi mille ragioni affinché tornasse sui suoi passi. "Non vincerai più", fu la formula principale e ripetuta all'infinito...
"Non importa-rispose il ragazzo-Mi avete sempre detto che sono un campione, ma se basta crescere qualche chilo a trasformarmi in un pugile da quattro soldi significa che sono soltanto un bluff. Proprio un pugile da quattro soldi. Quando smetterò voglio essere sano e con tanti anni ancora da vivere al meglio che potrò. Da oggi decido io, perchè voi continuerete il vostro lavoro anche quando io non salirò più sul ring e faticherete a ricordarmi. A me resteranno invece i postumi. Se vi sta bene, ok! Se non vi sta bene, uscirò da quella porta e non mi vedrete mai più...".
Come sarà finita questa piccola storia?

L'amatore nella Boxe. Colui che ama...

Amatori

Aveva imparato a coordinare braccia e gambe; a sopportare il dolore agli addominali durante gli esercizi a terra; a saltare la corda in modo dignitoso; a mettersi in guardia avanzando e indietreggiando senza incespicare; a scambiare colpi reciproci sulle mani con un compagno o una compagna di palestra. Ma soprattutto, molto lentamente e con tanta buona volontà, si era abituato ad udire il suono dell'orologio che scandiva l'alternarsi delle riprese non più come la sirena di un'ambulanza che accorre per salvare la vita, ma come un semplice segnatempo che fa rifiatare. Insomma, aveva risvegliato il suo corpo e soprattutto il suo spirito da uno stato di indolente sonnolenza che perdurava dai tempi dell'infanzia. Era anche molto contento quando il maestro gli rivolgeva la sua attenzione per correggerlo e incitarlo, staccandosi un attimo dalla cura dei pugili "veri", quelli che sul ring ci vanno per battersi e non per giocare. Di essi era diventato tifoso, anzi, amico, condividendone i preziosi minuti dello spogliatoio. Il "confessionale" scanzonato o amaro di tutti gli atleti. Il luogo che non può capire appieno chi non c'è mai passato…
Era diventato un amatore. Al pari di numerosi uomini e donne di ogni età. L'anti-camera o la post-camera della boxe. Uno dei tanti che per l'anagrafe o per i limiti fisici e caratteriali non aveva mai varcato la soglia del pugilato-pugilato. Ne era comunque orgoglioso. Si sentiva parte di una famiglia, di una cerchia o di una setta, a seconda delle circostanze.
Non era un pugile, ma amatore sì! Era amatore perché appunto amava il ring da "vicino", da una posizione privilegiata.
Un po'come la comparsa di un film, che si diverte e talvolta si trova persino fianco-a-fianco con il celebre protagonista.
In fondo, una piccola candelina della Noble Art la teneva tra le mani pure lui.

E contribuiva a tenerne viva la luce.

Il pugile, l'orgoglio, lo specchio

UomoSpecchio

Aveva smesso da poco di salire sul ring. Stava cercando di riprendere il filo della propria vita restringendo un po' per volta quell'autostrada immensa su cui si era mosso per tanti anni, allargando nel contempo le altre vie e gli altri viottoli più stretti e meno illuminati che aveva troppo trascurato…Il lavoro quotidiano, la famiglia, gli affetti, gli amici. Tutte cose destinate a riempirgli l'esistenza nei decenni che l'aspettavano. Un po' ingrassato rispetto a quando doveva fare i conti con la bilancia, cominciava a riprendere l'abitudine a qualche cena con i coetanei e a parlare di mille argomenti che per lungo tempo gli erano stati estranei. I problemi di lavoro, il calcio, le ragazze, la politica, i pettegolezzi sulle comuni conoscenze. Non amava però rivangare il pugilato. Non era ancora pronto. Se qualcuno ne accennava, provava una specie di dolore, di rovente vuoto agitarsi dentro, come chi é stato abbandonato dal grande amore della propria vita.

Gli amici l'avevano capito e cercavano di sviare il discorso quando qualcuno aggregato al gruppo non si rendeva conto di tale struggente sofferenza.

Una sera, a cena conclusa, mentre era intento a sorseggiare l' "ammazza-caffé", una persona che conosceva da poco seduta quasi davanti a lui lo fissava con una certa insistenza, probabilmente colpito dai segni che sul volto e sulle mani testimoniavano ciò che era stato per vent'anni. Poi…"Ma come ti senti dopo tanto tempo passato a dare e ricevere pugni?-Gli domandò con una curiosità rispettosa ma nello stesso brutale-Non credo che si diventi ricchi a fare il boxeur eppure si devono sopportare tanti sacrifici e spesso ci si fa anche male…".
Il neo ex-pugile depose il bicchierino sul tavolo, mentre attorno era calato il silenzio e gli occhi degli amici lo fissavano…Rimase pensoso per qualche secondo e:
"In effetti non si diventa ricchi. Speravo di pagarmi almeno la casa e mi sono dovuto accontentare invece di pagarne solo la metà-Rispose con calma e scandendo bene le parole-Ho dato e preso tanti colpi. A volte mi sembrava quasi di morire. Per non parlare dei sacrifici fatti in ogni ora di ogni giorno. Eppure rifarei tutto daccapo. Forse persino gratis. Il mio premio, quello che solo io conosco, lo ricevo ogni mattina e ogni sera quando in bagno mi guardo allo specchio e mi vedo un po' ammaccato…Eppure mi sento orgoglioso, felice, appagato per quello che ho fatto. Poco o tanto che sia stato. So di avere vissuto momenti che voi umani…". Sorrise a questa celebre battuta del film Blade Runner! Riprese in mano il bicchierino e concluse: "Nessuno mi potrà mai rubare tutto questo e spero di avere un giorno dei figli a cui raccontarlo. Sono sicuro che saranno contenti di conoscere di cos'é stato capace il loro papà. Sì, rifarei tutto…".
Alzò il bicchierino ed esclamò: "Evviva i pugili! Evviva la boxe…".
Attorno gli amici lo guardarono incantati.
Alcuni avevano gli occhi lucidi.

Non capisci un c…Grazie, maestro!

VecchioMaestroPugile

Era per la prima volta sul ring e ne stava passando di tutti colori. Era persino peggio di quello che s’era immaginato. Sentiva la voce roca e imperiosa del maestro che gli gridava consigli. Però li udiva non con le orecchie, ma direttamente dentro di sé. Quante volte quel burbero tecnico l’aveva richiamato, sgridato e spesso persino offeso e umiliato durante gli allenamenti, affinché facesse ciò che doveva fare e nel modo migliore!

L’aveva talvolta detestato per tale atteggiamento che lo svergognava davanti ai compagni di palestra.

Poi l’incontro finì e, seppure stremato come non mai, alzò il braccio da vincitore.
Mentre rientrava negli spogliatoi con le gambe tremanti per la fatica, si volse verso il maestro:
“Avevo una paura matta, credevo di farmela sotto…”.
“Dov’eri e cosa facevi sino a cinque minuti fa?”, gli rispose il maestro…
“Ero sul ring e combattevo”, esclamò perplesso il ragazzo.
“Vedi che non capisci un cazzo nemmeno stavolta?-Gli ringhiò con la solita brutalità il tecnico senza nemmeno guardarlo in viso-Quella tu chiami paura io lo chiamo coraggio. Infatti hai combattuto, stretto i denti e vinto…Non c’è niente da fare…Non capisci un cazzo!”.
Allibito, il pugilino appena nato aprì la bocca per ribattere a tono.
Ma gli uscì soltanto: “Grazie, maestro!”.

Boxe: da gregari a uomini e donne migliori

UomoDonnaSparring

Per ragioni di carattere o per libera scelta, molti essere umani amano starsene appartati e sfuggono le situazioni in cui ci sia da gridare più forte degli altri o da fungere trascinatori di un gruppo. Non sono necessariamente solitari. Sono così e basta. Soprattutto quando si é ancora ragazzi, a scuola o sul lavoro ciò non favorisce l’inserimento sociale, il riconoscimento di un ruolo di rilievo nella comunità dei coetanei. I silenzi, lo stare per conto proprio vengono spesso confusi con una personalità fragile, con la paura del mondo, con la predisposizione ad un domani incolore e da gregari. Poi, per scelta o per puro caso, alcuni di questi giovani scoprono lo sport, dove il successo e l’insuccesso non è determinato dalle parole ma dai fatti. Dove, un po’ per volta, il “peccato originale” rappresentato appunto dai silenzi e dalla riservatezza si trasforma in determinazione, coraggio, resistenza, concentrazione…
Se poi tra gli sport quello prescelto è il pugilato, ancora di più! Dapprima il ragazzo o la ragazza vengono percepiti dalla gente, dai compagni di scuola o dai colleghi di lavoro come strani e bizzarri individui, quindi osservati con curiosità e infine, se qualche pur minimo risultato viene conseguito (fosse anche soltanto il semplice salire sul ring), eccoli meritarsi il rispetto, l’ammirazione e non di rado l’invidia di chi non aveva capito cosa ci fosse “dentro” di loro.
Non è da tutti indossare i guantoni, Anzi, è da da pochissimi! Implica tante qualità fisiche e morali precluse ai più.
Ma questo lo sa chiunque, anche chi della boxe conosce soltanto i film di Rocky Balboa.
Da quel momento la vita di tali ragazzi prende un’altra direzione perchè dinanzi a se stessi e agli occhi del prossimo essi sono diventati coloro che sono riusciti a fare qualcosa di meravigliosamente “anormale”. Lo sport, il pugilato per primo, non é detto che porti a trionfi, alla celebrità e alla ricchezza. Anzi! Ma mette radici nel cuore e nella memoria di chi l’ha praticato, vincendo e perdendo a testa alta le minuscole o grandi sfide a cui è stato chiamato.
Un prezioso lasciapassare per il domani, qualsiasi cosa accada.
Forse quelle persone continueranno ad essere ancora silenziose e talvolta solitarie, ma in ogni caso da uomini e donne migliori di prima.

Vincere per ko e non accorgersene...

Dilettanti

One...Two...Three...
Contava in inglese, l'arbitro; ed era abbastanza bizzarro, considerando che si trovavano in un paesello tra le montagne in cui era già abbastanza inconsueto che uno lo facesse in italiano e non in dialetto locale. Il clamore della piccola folla attorno, accalcata sulle panche e sedie in legno di antiche sagre di partito, sembrava un boato in quella ex sala da ballo dove il ring occupava quasi tutto lo spazio. Il ragazzo si sentiva un po' malfermo sulle gambe per la stanchezza e per lo sventolone che l'aveva centrato pochi attimi prima quasi sull'orecchio, per fortuna parzialmente ammortizzato dal casco e dal guantone.
Four...Five...Six...
L'arbitro, mentre continuava a scandire i numeri, lo guardava con aria severa e gli indicava un angolo. Arrampicato lungo la scaletta il maestro, con gli occhi fuori dalle orbite, tutto rosso in faccia, gli intimava a sua volta di andare all'angolo. Non sapeva che fare. Non capiva cos'era era accaduto e per quanto non fosse proprio al massimo della condizione psico-fisica, gli sembrava un po' esagerato subire un conteggio.
Seven...Eight...Nine...Ten!
Era immobile come un nanetto da giardino nell'angolo, quando vide il maestro piombargli addosso. "Che gancio, che gancio!...Lo hai fulminato. Hai visto cosa significa allenarsi bene? Quante volte abbiamo ripetuto la combinazione sinistro-sinistro-gancio destro?".
Aveva vinto! Aveva vinto e nemmeno se n'era accorto...Solo adesso cominciava a rendersi conto che l'arbitro aveva contato il rivale il quale, a testa a bassa, veniva consolato dai suoi secondi. Poi, dopo essere stato dissetato e pulito per bene con il classico asciugamano "mille usi", gli vennero sfilati guantoni e fu spinto con vigore a centro ring per l'annuncio del verdetto della sua prima avventura come pugile.
"Per rsc alla terza ripresa vince...". Quando udì il proprio nome gli parve di sognare.
Nei minuti, nelle ore, nei giorni seguenti ascoltò per mille volte, dalla voce di altri, la descrizione del "sensazionale" ko conseguito al debutto. E lo memorizzò tanto bene da poterlo quasi rivivere con la fantasia e da ripeterlo altre mille volte a chi gliela chiedeva.
Con solo un piccolo particolare che non avrebbe rivelato nemmeno sotto tortura: non se n'era accorto!
Probabilmente, in uno dei frequenti confusi scambi tra principianti, con gli occhi chiusi o rivolti verso terra, aveva lanciato un colpo giunto perfettamente a segno e vinto per ko!
Ma la fortunata e casuale occasione era diventata per lui e i suoi cari una specie di piccola leggenda.
Perché sciuparla?
Ancora oggi, a tanto tempo di distanza e i guantoni appesi al chiodo al termine di una breve e modesta carriera, prova talvolta a ricostruire l'accaduto.
Niente. Tra i presenti, l'unico in quella lontana sera a non avere visto nulla era stato soltanto lui!
Ma non importa. Gli piace rivivere quasi ogni giorno l'incredibile evento.
Gli fa compagnia. Ne prova anche un pizzico d'orgoglio. "Ho vinto per ko con un destro perfetto!-Dice a se stesso-Non è da tutti e il resto della storia...lo tengo per me".

 

 

Febbre, nonna morta, caduta in scooter...Non posso combattere, maestro!

Paura

Da tanto tanto tempo aspettava di salire finalmente sul ring. Aveva fatto tutto a puntino, seguendo gli insegnamenti del maestro senza sgarrare di un millimetro. Ma ora che il momento era lì, davanti a lui, si rese conto che i sogni e le speranze cullate per lunghi mesi si stavano trasformando. Le notti erano diventate agitate e ogni istante del giorno era come il tormentato conto alla rovescia prima di gettarsi in un baratro. Se avesse potuto, avrebbe fermato le lancette dell'orologio e bloccato all'infinito i giorni del calendario. Non considerava più una gioiosa e colorata festa il suo debutto. I colori erano diventati ombre cupe...
Si sentiva fragile, insicuro, senza forza.
La paura!
Ecco che cos'era.
La paura...

Quando l'appuntamento era lontano nello spazio e nel tempo, non conosceva ancora il nodo alla gola. Solo in quel momento, quando le "vere" sedici corde stavano per abbracciarlo, anzi, per imprigionarlo, scoprì tale sensazione.
Il timore nei confronti dell'avversario, della gente, del dolore. La crescente convinzione di rischiare una figuraccia sotto gli occhi del pubblico, degli amici e dei familiari.
No! Non si può vivere il pugilato come fosse un incubo. Non si può progettare un futuro se poi ci si sente inadeguati a viverlo...
Mancava ormai pochissimo all'ora X. Prese il telefono e con intima vergogna chiamò il maestro accampando una delle solite scuse per non combattere.
Forse gli parlò di un improvviso febbrone o di una vecchia nonna che era morta o di una caduta in scooter...
Non importava. Tanto il maestro le conosceva tutte a memoria e capì subito che quel ragazzo aveva ingrossato l'interminabile schiera dei pugili non-pugili.
Lo capiva e non c'era nemmeno motivo di criticarlo troppo nè tantomeno di mancargli di rispetto.
La paura è un istinto di tutti gli esseri viventi e ciascuno ne fa prima o poi conoscenza.
C'è chi però riesce a restarle in groppa quasi fosse un indemoniato cavallo da rodeo e chi invece ne viene sbalzato lontano, ruzzolando nella polvere.
Pazienza. Ci sono tante altre cose da fare nella vita e anche tanti altri modi per continuare ad amare la boxe.
Ma i malanni dell'ultimo minuto, le disgrazie della nonna e i ruzzoloni in scooter sono l'invalicabile fossato che separa chi può diventare pugile e chi no.
Uno da una parte e uno dall'altra.
Coraggio e paura sono vicinissimi, quasi si toccano attraverso il fossato.
Ma è un "quasi" che durerà per sempre.

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